Puccini e la fanciulla
Dopo aver fatto tanto parlare di sé a Venezia nel 2003 con "Segreti di Stato2 il regista pisano Paolo Benvenuti presenta alla 65esima mostra del Lido nella sezione "Fuori Concorso" un’opera ispirata ad uno dei grandi compositori italiani: Giacomo Puccini. In onore del Maestro (Lucca 1858 –Bruxelles 1924), di cui ricorre il 150° anniversario della nascita, ecco che rivive sullo schermo uno dei fatti salienti della sua vita, legato ad uno dei casi di cronaca più famosi dell’epoca ossia il suicidio della cameriera di casa Puccini, Doria Manfredi avvenuto a Torre del Lago nel 1909. A quei tempi il Maestro stava componendo una nuova opera tratta dal dramma di David Belasco "The Girl of the Golden West" nella sontuosa villa immersa nella Maremma toscana, stava venendo alla luce il melodramma "La fanciulla del West". Fra i flessuosi giunchi, le colonne e i fregi della villa si vanno però consumando diversi amori e intrighi, che vedono protagonista il maestro e la sua famiglia. Nonostante il faticoso lavoro e la bellezza della zona Puccini però continua ad essere vessato dalla gelosia della moglie Elvira, che improvvisamente, come una furia cieca, si abbatte proprio sulla giovane Doria, cameriera della famiglia, accusata di avere una relazione con il Maestro. Un vero e proprio scandalo per quell’epoca, cui si aggiunge quello della figliastra del compositore Fosca, che, sposata, ha una relazione con il giovane librettista Guelfo Civinini. Torna così a "vivere" la povera innocente Doria, rea di aver aiutato lo scambio di carteggio fra Puccini e sua cugina Giulia, figlia di Emilio, proprietario del ristorante di fronte alla villa pucciniana. Rosa dalla gelosia la Signora Elvira non si fa alcuno scrupolo a urlare ai quattro venti di questa fantomatica tresca, affermando di aver colto la coppia clandestina in flagrante. Il tempo sembra improvvisamente fermarsi e tornare indietro, attraverso una ricostruzione attenta ai dettagli dai vestiti agli oggetti di uso comune. Si scorge uno studio approfondito dell’epoca e non solo anche della storia, infatti il regista ha variamente spiegato di aver svolto uno studio sul campo coordinando le ricerche di un gruppo di sedici ragazzi della Scuola di Cinema del Comune di Viareggio. Tra tomi e interviste sono emersi dati sconcertanti che hanno portato alla scoperta di una relazione fra Puccini e Giulia, con la nascita inaspettata di un figlio Antonio Manfredi, cresciuto lontano dalla madre. Quando la madre morì lui ebbe in eredità una valigia chiusa, mai aperta fino al 2007 quando le ricerche portarono il regista e il suo gruppo a rintracciare i suoi eredi. Da questa valigia improvvisamente emergono filmati inediti del Maestro e non solo, anche le lettere scambiate fra i due amanti, che andavano dal 1908 al 1922, con in più una trentina di lettere di amici, parenti, avvocati che riguardavano l’episodio del suicidio.
Basandosi su queste testimonianze il regista ha impresso tutto sulla pellicola, ovviamente aggiungendo un tocco poetico importante come la scelta di non inserire i dialoghi. Le uniche voci del film leggono, fuori campo, le lettere dei personaggi, che raccontano il dramma nelle fasi della sua evoluzione. A far da sfondo alla storia non sono solo gli splendidi paesaggi della Maremma o gli arredi della villa, ma anche la musica. Quest’ultima diviene un personaggio vivo e vibrante del film intrecciandosi con i sentimenti, con le azioni facendo da supporto all’assenza dei dialoghi appena sussurrati. Se una volta nei romanzi, soprattutto nell’Ottocento, era il tempo metereologico ad essere usato dagli scrittori per sottolineare lo stato d’animo del personaggio, qui invece è la musica.

La frase: "Ho tante cose orribili da raccontarvi, che non voglio affidare alla carta".

Federica Di Bartolo

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