Parlami d'amore
Dopo 23 anni di onorata carriera, l'adolescente de "Il tempo delle mele" è cresciuta è può fare il grande passo: passare dall'altra parte della macchina da presa (anche se c'è da dire che già nel 1995 aveva girato un cortometraggio da regista).
"Parlami d'amore" è la storia del rapporto tra Justine (Judith Godrèche) e Richard (Niels Arestup), sposati con tre figli. L'uomo, scrittore affermato, è stanco del rapporto con la moglie, ma la ama ancora. La donna, dall'altra parte, è stanca del fatto che il marito non la capisca, e forse non lo ama più.
Bisogna dire che la trama, c'è o non c'è, è esattamente la stessa cosa, si potrebbe liquidare il racconto dicendo soltanto: una crisi di coppia. Ma questo non deve essere considerato un difetto perché tanti registi hanno proposto un cinema dove la trama era soltanto un pretesto o un indicazione per andare oltre.
Nel film della Marceau, ciò che dovrebbe catalizzare l'attenzione è la burrasca emozionale che i due interpreti stanno vivendo. Ed in effetti questo elemento è tutto il film. Per un'ora e quaranta minuti abbiamo solo questo.
Sophie Marceau ha cercato in tutti i modi di uscire fuori definitivamente da quel ruolo di eterna adolescente al quale il pubblico (almeno quello italiano) l'aveva incatenata, e lo ha fatto costruendo un film che, a modo suo, è molto coraggioso: un film dove non succede assolutamente niente in superficie, e dove l'unica cosa che conta è scandagliare la psicologia dei personaggi. Quindi si è trovata ad affrontare un duro lavoro, e onestamente è riuscita solo a meta nel suo intento. La regia ha degli spunti molto buoni e formalmente il film è assolutamente riuscito. Ma è nell'analizzare gli animi dei due interpreti che qualcosa non è andato per il verso giusto. Justine è in crisi, ma mi è sembrata un pò fuori fuoco; cioè si porta dentro un dolore che è vero fino ad un certo punto. Richard è un personaggio che non si sa se cerca la vita o il piangersi addosso (ma è alcolizzato o no?). Insomma abbiamo due personaggi che dovrebbero essere "libri aperti" e invece non ci permettono di avvicinarsi. Alla fine abbiamo un film che promette molto, ma mantiene solo a metà.
Anche il bisogno di "parlare d'amore", in questo caso non è propriamente un bisogno, è forse soltanto un modo di non "doverlo" vivere questo amore. O forse, semplicemente, l'impossibilità di non "poterlo" vivere.

Renato Massaccesi

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