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Paranoid Park
“Paranoid Park”, tratto dall'omonimo romanzo di Blake Nelson, prosegue l’osservazione del mondo adolescenziale che tanto interessa il cinema di Gus Van Sant.
Questo film può essere considerato come l’ultima parte di un trilogia che il regista ha iniziato con “Elephant” e ha proseguito con “Last Days”. I tre lungometraggi sono simili per forma stilistica e per argomento, anche se ognuno analizza, o meglio osserva, la crisi adolescenziale e il malessere di vivere, da punti di vista diversi: “Elephant” mostrava la tragedia avvenuta alla Columbine, un evento sconvolgente, premeditato, che potrebbe essere considerato in qualche modo unico, in “Last Days” il desiderio di farla finita di una rock star, qui il protagonista, invece, è un ragazzo come tanti, che frequenta il liceo, ha una ragazza, degli amici con cui divide la passione per lo skate, Alex non è un emarginato.
Per raccontare la sua angoscia, la sua apatia, che viene sconvolta da un episodio inatteso e non intenzionale, Van Sant usa un racconto spezzato e non lineare, dove spesso il disorientamento del protagonista è lo stesso dello spettatore che non sa a che punto della storia si trova, in una confusione temporale che, però, non rende la lettura del film difficoltosa.
Un racconto, angosciante, fatto spesso di tonalità scure, dove i giovani mostrano tutta la loro indifferenza verso gli altri, ma non ne escono meglio gli adulti, inquadrati o di spalle o sfuocati, incapaci di aiutare, o anche solo ascoltare, i bisogni dei propri figli.
Geniale l’utilizzo della colonna sonora e del suono che prende spesso il posto dei dialoghi, sottolineando in alcuni casi gli stati d’animo del protagonista, come nella meravigliosa scena della doccia, in cui tutta la sua angoscia viene resa grazie al rumore in crescendo dell’acqua e dei versi degli uccelli, oppure si pone in assoluta antitesi come nella scena in cui Alex lascia la fidanzata e il loro colloquio è sostituito dalla musica di Nino Rota.
Una colona sonora ricchissima di suggestioni diverse come tanti sono i tipi di inquadrature utilizzati: numerosi gli slow motion e frequente passaggio tra Super 8 (utilizzato per le sequenze sullo skateboard) e il 35mm.
“Paronoid Park”, insomma, conferma le doti di grande regista di Gus Van Sant e la sua capacità di indagare l’animo umano, attraverso un linguaggio in continua evoluzione.
La frase: "Il problema è questo, la gente è apatica, a nessuno frega niente di niente".
Elisa Giulidori
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