Un film veramente intenso e coinvolgente quello di questo regista francese, coadiuvato da due attori estremamente calati nei loro personaggi, resi credibili da due interpretazioni decisamente sopra la media. L'idea che il film cerca di propugnare è quella della mancanza di scelta; in un ambiente come quello carcerario del film di Audiard non esistono vie alternative: o essere protetti (e soggetti) a qualche potente (soccombere, insomma), o farsi strada con subdola e spietata brutalità.
Si finisce (purtroppo) per immedesimarsi nel protagonista.
Del resto, l'affermazione fatta da uno dei personaggi durante il film la dice lunga: "L'idea è di uscire meno co***one di quando sei entrato...".
Difficile comprendere se l'autore abbia voluto indirizzare una critica aperta verso il sistema carcerario francese, mostrandone uno spaccato, o se abbia semplicemente mostrato una realtà singola adattata alle esigenze narrative del film. In ogni caso, nella realtà magistralmente mostrata dal regista non esiste la benchè minima possibilità di redenzione nè di riabilitazione...
Non è certamente un film da guardare in compagnia...
Che sia fatto bene sicuramente si, ma alla fine ci pensi su e ti chiedi se ti ha insegnato almeno qualcosa... forse che la violenza paga?
Niente da fare, il mio 1 è per abassare la media.
Film con un importante potenziale narrativo, con il protagonista Malik ben interpretato da Tahar Rahim (anche se personalmente mi è piaciuto assai di più Niels Arestrup nel ruolo del boss còrso Luciani); è lo stile registico, a scene brevi e telecamera piuttosto mobile, che non mi ha entusiasmato e non mi ha coinvolto molto. E' un peccato perchè poi il film, con una trama del genere, è insolitamente lungo e rischia di annoiare lo spettatore (almeno a me è successo di guardare un paio di volte l'orologio). Le scene di violenza ci sono ma non sono assolutamente ostentate, e questo va a merito del regista.
Promosso con riserva.