Film che s'ispira a recenti tragici fatti di cronaca, si dipana tra S.Francisco, Londra e Parigi, annoia con i sottotitoli dal francese, lunghi dialoghi, situazioni inverosimili...e finisce come una favola. Dopo aver tanto parlato di morte,i sopravvissuti vissero tutti felici e contenti.
Film men che mediocre.Sottolineo la colonna sonora che si avvale anche di brani d'opera come "Nessun dorma",quasi a voler spaventare
il pubblico.
Con questo film Clint sancisce,oltre che essere stato un pessimo attore,un pessimo politico,anche di essere un pessimo regista,un regista vecchio, che trova spazio in un paese vecchio.
Da ultimo un consiglio : ad 80 anni è bene trascorrere il tempo in una casa di riposo visto che non si riesce ad essere propositivi.
Clint Eastwood non si accontenta mai. Ci regale l’ennesima emozione, una nuova magistrale prova di cinema. Intreccia sullo schermo tre storie. La giornalista parigina bella e famosa, all’apice del successo e della carriera. Il giovane uomo americano prigioniero di un dono che vive come una condanna, nella triste solitudine di San Francisco. Il bambino londinese che perde tragicamente il gemello, con il quale condivideva una madre tossica.
Il denominatore comune che lega queste tre vite apparentemente disuguali è l’esperienza diretta e indiretta della morte, che segna ciascuno dei protagonisti. Il tema dell’aldilà è solo il pretesto per raccontarci con stile impeccabile e grande senso di partecipazione la mestizia esistenziale di Marie, George e Marcus. Per introdurci attraverso le loro storie in altre storie collaterali, tratteggiate con altrettanta sapienza. Per fotografare i mali del nostro tempo (lo tsunami che in un attimo cancella uomini e cose, le bombe nella metropolitana di Londra, la superficialità sulla quale si basano certe invidiate carriere, il dramma della droga e dell’affidamento).
Eastwood procede alternando tocchi lievi e pugni nello stomaco, perché così è la vita. Il grande Clint ci regala sequenze indimenticabili nel loro nitore, all’altezza di un regista ottantenne con la voglia di fare di un trentenne. Il più grande regista vivente, a questo punto. Non gli interessa inoltrarsi su quanto ci attende dopo la morte, non è questo il tema appena sfiorato del film. Vuole solo raccontarci tre percorsi, prenderci per mano e invitarci ad affrontare i problemi della vita che ci è dato vivere.
Le tre storie alla fine si intrecceranno, in un finale salvifico che a qualcuno potrebbe far storcere il naso. Niente di tutto questo. Il miele non è nelle corde di Eastwood, spietato narratore di esistenze sempre in bilico. E però uscire dalla sala dopo essere stati inchiodati per due ore alla poltrona senza perdere una battuta e avere ancora negli occhi l’immagine di George che vede finalmente se stesso baciare Marie, dopo anni di torbide visioni vissuti in disperata solitudine, è qualcosa che riscalda il cuore. Grazie ancora, vecchio ineguagliabile Clint.
Una cosa non capisco... perché i dialoghi in francese non tradotti e con i sottotitoli? Fossero 4 parole, ma vanno avanti dei quarti d'ora e si perde di continuità. Oltretutto parlano un francese piuttosto "stretto" e poco comprensibile. Gli italiani doppiano tutto, per abitudine, perché queste parti no? Avesse una motivazione nella storia, tipo due che parlano lingue diverse e non si capiscono... ma qui è solo fastidioso!