Non si ruba a casa dei ladri

Quando vivi a Roma e ti trovi a dover passare dal risiedere nelle abitazioni della rinomatissima Camilluccia all’appoggiarsi in un condominio del decisamente più popolare Alberone la differenza non puoi fare a meno di avvertirla.
Ne sanno qualcosa l’onesto imprenditore Antonio Russo e la moglie Daniela, rispettivamente con le fattezze di Vincenzo Salemme e Stefania Rocca, i quali, finiti in rovina per colpa del deputato intrallazzatore Simone Santoro alias Massimo Ghini, inizialmente pensano di denunciarlo, poi, consapevoli del lunghissimo e spesso incerto iter della giustizia italiana, decidono di attuare personalmente una vendetta.

Vendetta che, richiamando in parte alla memoria ciò che accadde nel 2004 all’interno del suo “In questo mondo di ladri”, Carlo Vanzina – come sempre affiancato in fase di sceneggiatura dal fratello Enrico – fa scattare nella testa dei due protagonisti dal momento in cui scoprono che il loro nemico ha nascosto in una banca svizzera i proventi delle proprie malefatte.
Nemico oltretutto perennemente affiancato dalla tanto bella quanto ignorante compagna Lori cui concede anima e fantastico corpo Manuela Arcuri, che, pronta addirittura a confondere Guglielmo Tell con il nome di un albergo, incarna a dovere lo stereotipo della bambolona tutto sesso e poco cervello unicamente interessata alla ricchezza e al potere, purtroppo rappresentante una delle molte brutture dello stivale tricolore d’inizio XXI secolo.
Perché, pur riallacciandosi ai sempreverdi meccanismi comici della truffa già affrontati, tra l’altro, sia tramite il citato lungometraggio interpretato da Carlo Buccirosso e Valeria Marini che attraverso “Febbre da cavallo – La mandrakata”, il figlio di Steno rincara la dose prendendo di mira nientemeno che la tanto chiacchierata (e denunciata) Mafia capitale, con l’evidente fine di ricordare che, essendo dei miserabili, i corrotti romani non sono affatto invincibili.
E di ciò è una perfetta sintesi la breve sequenza in cui assistiamo ad un cafonissimo pranzo con il sopra menzionato Santoro e i suoi amici quali commensali; mentre vengono coinvolti nel colpo il poco promettente attore teatrale Michele e la bella Demetra, ovvero Lorenzo Balducci e Ria Antoniou, e, come c’era da aspettarsi, provvedono le consuete dosi di umorismo a rendere decisamente piacevole la oltre ora e mezza di visione.

Dosi di umorismo spazianti dalla prima conversazione tra Russo e il fidanzato della figlia al momento in cui lo stesso ascolta in automobile la cronaca della partita Roma-Napoli insieme a Santoro; senza contare il mai disprezzabile Maurizio Mattioli che, nei panni del concessionario di automobili stritolato dalla crisi Giorgio Bonetti, si cimenta in maniera esilarante perfino con la parlata piemontese.
Man mano che, tra discorsi riguardanti gare d’appalto truccate e terreni edificabili, la ferocia tipica della migliore Commedia all’italiana emerge non poco – guardando, però, anche a modelli cinematografici d’oltreoceano – nel fornire una delle più riuscite (e divertenti) critiche da grande schermo al Bel paese sfornate all’interno della sua filmografia dall’autore di “Sapore di mare” e “Il pranzo della domenica”.

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