No man's land

"La Terra appartiene a tutti e a nessuno". Con queste parole Danis Tanovic introduce il suo film, "No man's land", storia di due soldati, un bosniaco e un serbo, bloccati in una trincea abbandonata tra due linee nemiche. Una situazione bizzarra alla quale i due uomini non riescono a far fronte, seppur venga in loro aiuto, infrangendo le regole del non intervento, un coraggioso sergente delle Nazioni Unite.
Il film di Tanovic, premiato a Cannes per la Sceneggiatura, e acquistato nel mondo intero inclusa la Jugoslavia, è una commedia tragica in cui l'ironia e il grottesco della situazione si intrecciano strettamente all'atrocità di quel dramma. "Molti anni fa lessi il racconto di Selimovic: la storia di due cavalieri che arrivati su di un ponte non vogliono lasciare all'altro il passo. Combattono per ore fino a quando esausti non si fermano e, seduti vicini iniziano a parlarsi scoprendo così di conoscere la medesima fanciulla. Recuperate le forze riprendono il combattimento fino ad uccidersi l'un con l'altro".
Laureato in cinematografia a Bruxelles e diplomato al conservatorio di Sarajevo, Tanovic non si limita alla regia per il suo film d'esordio: ne cura la colonna sonora ma soprattutto scrive la sceneggiatura: "I miei professori a scuola insistevano molto sull'importanza della sceneggiatura in un film. Ne sono convinto anche io, non si costruisce senza basi. Beethoven diceva che l'opera di un artista è composta dall'1% di talento e il 99% di lavoro".
Il film di Tanovic non è un film sulla guerra, non accusa né un fronte né l'altro: la sua storia non punta il dito contro chi ha sbagliato. "Non nego le responsabilità e le atrocità commesse nella guerra in Bosnia, il mio voto è indubbiamente contro la violenza. Ma io volevo fare un film di contrasti e disarmonie. I miei personaggi sono gente comune, quasi antieroi, rimasti intrappolati nella guerra". Con questa ottica il regista affronta ogni elemento di quella guerra: l'incomprensione totale dei due protagonisti; la disperazione del sergente francese delle NU davanti all'inutilità della neutralità e alla follia di volerla credere possibile; l'esaltazione dei media davanti ad uno straordinario scoop e la loro totale indifferenza nei confronti della follia omicida che si svolge davanti ai loro occhi.

Ammettendo l'utilità dei Media e criticandone al contempo il continuo bombardamento di immagini, Tanovic si dice fiero di essere bosniaco e ritiene inammissibile che alle soglie del terzo millennio metà della popolazione del mondo viva ancora come nel XIV secolo "Bisognerebbe bombardare con libri, videocassette l'Afghanistan, invece di usare bombe, come vorrebbe fare l'America. La cultura apre la mente e avvicina le persone. Ci sono circa 10.000 mine anti-uomo in quel paese: questo significa che non c'è neppure la libertà di camminare".
Gli antieroi di "No man's land" combattono strenuamente come i due cavalieri di Selimovic, scoprono di avere un'amica in comune ma non riescono ad accettare che la guerra non abbia colpevoli. I loro pensieri di vendetta si mescolano a quelli della ragione.
Mai film è stato più attuale di questo. Mai desiderio di pace e di serenità ha trovato immagini così dolorose.

Valeria Chiari

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