Andamento del Cinema in Europa Occidentale
Dall’inizio degli anni ’90 ad oggi i cittadini dell’Europa Occidentale hanno riscoperto il gusto di andare al cinema. L’incremento degli spettatori nelle sale dei 18 mercati dell’Europa Occidentale, infatti, è stato di ben il 57%: da circa 600 milioni ai quasi 960 del 2001. E tuttavia sembra che gli spettatori dell’Europa Occidentale non amino vedere i film delle altre nazioni europee. Così, seppure anche i film europei non nazionali abbiano contribuito all’aumento delle presenze, ciò è avvenuto in misura minore rispetto all’insieme degli altri film, principalmente statunitensi. Se infatti gli spettatori dei film europei non nazionali sono cresciuti, dal ’92 al 2000, del 12%, quelli dei film nazionali lo sono del 20% circa e tutti gli altri - soprattutto delle pellicole statunitensi - del 50%.
Ma davvero si tratta solo, o principalmente, di un "problema di gusto?"
La domanda è stata al centro dell’intervento che il Segretario Generale di MEDIA Salles, Elisabetta Brunella, ha tenuto giovedì 5 dicembre, nel corso del convegno internazionale "Il gusto degli altri", dedicato alla circolazione dei film europei in Europa.
Secondo le recenti, e tuttora in corso, analisi di MEDIA Salles in merito alle cifre delle presenze al cinema nei Paesi europei, l’andamento del successo dei film europei non nazionali è molto oscillante, con picchi di presenze ad intervalli di due anni, soprattutto nel periodo più recente, e con la tendenza a una concentrazione su pochi titoli.
Se un problema nell’approfondire questa analisi è da ricondurre alla difficoltà nello stabilire criteri univoci per la definizione di ciò che è produzione nazionale e di ciò che è coproduzione, che tengano conto più della percezione dello spettatore che di questioni legate alla partecipazione economica di un Paese alla produzione di una pellicola, un altro dato che salta all’occhio è la mancanza, tra i film europei in testa alla classifica per numero di presenze, di una vera e propria distribuzione internazionale: così, se Amélie ha guadagnato spettatori in 17 paesi oltre alla Francia per un totale di quasi 17 milioni di biglietti, di cui poco più della metà nel paese d’origine, Der Schuh des Manitu è uscito oltre che in Germania solamente in altri due territori - di lingua peraltro tedesca - e la maggior parte dei biglietti, cioè più dell’80%, li ha venduti in patria: 10 milioni e mezzo di presenze su un totale di poco meno di 13 milioni. Sembra allora che il problema cruciale, rispetto alla scarsa visione di produzioni europee non nazionali, sia da rintracciare non tanto nel gusto quanto nelle opportunità offerte allo spettatore. La discontinuità, da parte dell’industria cinematografica europea, nella produzione di film con buone potenzialità di distribuzione e, al contempo, un meccanismo assai lento per la circolazione dei prodotti di maggior successo rendono assai difficile il mantenimento di quel livello di frequenza che si manifesta nei "picchi", e che è certamente prova che, quando hanno l’occasione di vederli, gli Europei non sono affatto insensibili ai film dei loro vicini.
(06 Dicembre 2002)
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