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Non lasciarmi
Esistere pur non essendo nati, con un destino segnato, senza speranza di cambiamento. Vedere il mondo attraverso un vetro sporco e non poter realmente vivere. E’ questo il fato dei figli di Hailsham, un collegio, apparentemente un luogo paradisiaco, dove crescono dei bambini tutti diversi fra loro, senza legami di sangue, ma accumunati dalla stessa sorte, quella di essere cloni, creati dalla società per donare organi. Hanno solo il nome e una lettera dell’alfabeto per cognome, così da distinguerli, elemento che li avvicina ai personaggi dello scrittore cieco Franz Kafka (Praga 1833-Kierling 1924). E’ semplice carne da macello su cui nessuno si interroga, o forse qualcuno c’è, ma la sua voce e le sue domande non vengono ascoltate, cadendo nel silenzio sordo dell’indifferenza. Ispirato all’omonimo romanzo dello scrittore nippo-britannico Kazuo Ishiguro, autore rinomato che ha sorpreso i suoi fans e i critici con questo romanzo tra fantascienza e realtà, ambientato in una realtà alternativa nell’Inghilterra degli anni ’90. Un mondo diverso dal nostro, eppure così simile, segnato però da un progresso medico iniziato nel 1952, che ha consentito aspettative di vita intorno ai 100 anni. E’ un traguardo raggiunto attraverso la clonazione umana, con la creazione di esseri umani cui vengono espiantati gli organi prima del raggiungimento della mezza età. Attraverso la voce narrante di Kathy H (Carey Mulligan), lo spettatore segue la vita di tre bambini: Kathy, Tommy (Andrew Garfield) e Ruth (Keira Knightley), cresciuti nel collegio di Hailsham tra periodici controlli medici e braccialetti elettronici per evitare fughe improvvise, preparati fin da piccoli al loro futuro: "Ecco per cosa siete stati creati, ciascuno di voi. Non siete come gli attori che vedete nei film, non siete neanche come me. Siete stati portati in questo mondo con uno scopo preciso, e il futuro, il futuro di ognuno di voi è già stato deciso".
Hailsham è quindi un mondo a parte, come una bolla in cui sono rinchiusi, cui è legata la loro infanzia e gli unici ricordi belli delle loro brevi e labili esistenze, circondati da persone che hanno, nonostante tutto, "un’etica della clonazione", che verrà sostituita con una realtà ben più crudele, perché le nuove generazioni di cloni hanno un futuro diverso: "Si è preferito scegliere di allevarli come polli in batteria". Un’idea che ricorda amaramente i lager nazisti, ma in verità il mondo che viene mano a mano presentato dal regista Mark Romanek non se ne discosta poi molto, infatti, nessuno si fa domande di stampo etico: "i cloni hanno un’anima?".
"Non lasciarmi" è una storia di crescita di tre anime, tre bambini la cui colpa è essere dei cloni, che cercano di dare un senso alla loro vita attraverso l’amicizia e l’amara accettazione, composta e passiva, del loro destino. Sono stati preparati fin da piccoli, un po’ alla volta, e ora sembra che in questo mondo senza tempo non riescano a trovare la forza di ribellarsi al loro inesorabile destino, consapevoli di poter solo osservare la vita degli altri senza poterla assaporare. Il film, molto lento nel suo insieme, cosa che lo appesantisce impedendo la commozione e l’empatia, è caratterizzato da segreti, silenzi, parole non dette, messaggi e sentimenti forse troppo spesso affidati alla musica di Rachel Portman e alla fotografia, un po’ retrò, di Adam Kimmel, che gioca con le diverse tonalità di grigi e bianchi per sottolineare il senso di inquietudine e di orrore, capace di evocare nella mente i romanzi della letteratura romantica.
La frase: "La galleria non ci serviva per guardare nella vostra anima, ci serviva per dimostrare che avete un’anima".
Federica Di Bartolo
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