Nessuna verità
Lui, l’agente operativo che parla arabo, sta sul posto, in Iraq, a bruciarsi la pelle al sole e captare qualsiasi informazione che possa far saltare i piani di Al Queda. L’altro, il capo con la pancia che da Washington comanda le operazioni e si crede presente nel deserto perché in grado di guardarne ogni più piccolo granellino di sabbia grazie alle sempre più sofisticate tecnologie, porta i figli a scuola e crede ancora che la strategia vincente sia prerogativa delle menti statunitensi (e se ne vedono i risultati).
Due personaggi che dovrebbero agire all’unisono e che invece rappresentano due facce diverse della stessa medaglia della lotta al terrorismo. Sono loro al centro del nuovo film di Ridley Scott, film intriso di attualità e rivolto agli stessi Stati Uniti e al suo modus operandi nei territori di guerra.
Ispirandosi all’omonimo romanzo di David Ignatius, "Nessuna verità" gioca sull’assenza di fiducia nel prossimo, sulla presunzione dei vari attori della guerra di essere i soli a detenere "la soluzione", per sottolineare quanto gli errori di quello che "sembra un gioco", costino comunque vite umane e sofferenza. Peccato che la sceneggiatura giri parecchio a vuoto e che tra i due protagonisti (DiCaprio e Crowe) manchi quel rapporto di tensione a distanza che, ad esempio, caratterizzava "Spy Game" (del fratello di Ridley, Tony Scott). All’autore di "Blade Runner" manca quella potenza visiva ormai richiesta per i migliori action-movie di oggi (si veda "I figli degli uomini", i primi minuti di "The Kingdom" o "Bourne ultimatum"). Il suo è un lavoro apprezzabile e ordinato, ma privo di una violenza che non sia la semplice rappresentazione della tortura, quasi laccato nella sua confezione così perfetta. Sembra mancare l’anima, quel coinvolgimento emotivo che un tempo Scott metteva nei suoi progetti e che adesso sembra condensato solo nelle intenzioni.
Qui si parla sì di America dei salotti e di servizi segreti mediorientali che saprebbero fare bene il proprio lavoro se gliene si desse la possibilità, ma sono concetti solo abbozzati, dettagli all’interno di una vicenda di ordinario spionaggio in cui il buono finisce per stancarsi di tutto così come capita in tanti altri film girati in altre epoche e in altri luoghi. Sia chiaro, il film è un buon entertainment, ma dato il budget, il cast e il regista (nonché lo sceneggiatore di "The departed") ci si aspettava di più. Nel cast emerge su tutti, più del sempre bravo Di Caprio e dell’ingrassato per l’occasione Russel Crowe, il sempre più convincente Mark Strong (capo degli 007 giordani).

La frase: "Voi americani non siete capaci di mantenere i segreti: siete una democrazia!".

Andrea D'Addio

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