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Molto forte, incredibilmente vicino











Dall’omonimo libro di Jonathan Safran Foer, Stephen Daldry (regista) ed Eric Roth (sceneggiatore) realizzano un film basato sul lutto e sull’incapacità, per chi lo ha subito, di affrontare nuovamente il futuro lasciandosi il passato alle spalle. Era uno dei temi portanti anche del libro, ma non il principale dove parallelamente si scavava nel senso e negli effetti delle tragedie collettive, le Torri Gemelle come il bombardamento degli alleati su Dresda nel febbraio del 1945 (episodio raccontato in alcuni capitoli dalla voce narrante del nonno del protagonista). Qui la New York devastata dall’Undici Settembre è mostrata più e più volte, ma ben presto si perde quell’atmosfera di paura, tragedia appena passata e solidarietà collettiva a favore di un discorso più generale sul fatto che "ogni persona nella propria vita ha perso qualcuno o qualcosa".
Che "Molto forte e incredibilmente vicino" commuova è fuori di dubbio.
Si insiste molto sulla disperazione sia del ragazzino che della madre (per non parlare del malinconico nonno muto interpretato da Max Von Sydov, candidato all’Oscar per questa interpretazione), quasi mai li si vede in contesti "leggeri" e l’abuso del flashback con cui si ritorna a quel tragico giorno che tutto cambiò (il padre del protagonista muore rimanendo intrappolato nella prima delle Torri Gemelle) è così reiterato da superare ogni limite di sopportazione.
Eppure non si può dire che sia un brutto film, la furbizia degli autori nel costruire una storia piena di momenti melensi può essere comunque parzialmente giustificata di fronte la difficoltà di riportare sul grande schermo un libro così particolare non solo per la struttura narrativa, ma per l’importanza che avevano all’epoca anche i disegni e le iscrizioni contenute nel libro. Daldry e Roth hanno voluto semplificare molti dei passaggi concettuali del testo e la scelta di dare anche un finale alla chiave misteriosa, quella per la quale il piccolo Oskar viaggia per la città alla ricerca del suo vero proprietario sperando che così facendo possa scoprire un segreto legato al padre che quella chiave la teneva nascosta in un suo armadio, è più che mai emblematica in tal senso. Il pubblico cinematografico non è lo stesso che legge i libri e alcune sensazioni e riflessioni devono per forza di cose essere accompagnate da "un’azione" che ne mostri la compiutezza. L’intero cast regge bene il tono drammatico della pellicola: Tom Hanks, Sandra Bullock e Max Von Sydow compongono una splendida cornice di interpretazioni intorno al piccolo Thomas Horn. Facile dire che i bambini recitano sempre bene, ma in questo caso non si può neanche sostenere il contrario. Carino e spigliato, questo quattordicenne americano di origini croate sembra avere tutte le carte in regola per continuare a far brillare la propria stella anche negli anni a venire.

La frase:
"Solo gli umani possono piangere lacrime, lo sapevi?".

a cura di Andrea D'Addio

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