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Mine vaganti
La famiglia: alcuni la dipingono in maniera più moderna, altri più tradizionale, ma negli ultimi tempi è un tema che riaffiora spesso nel cinema italiano.
Non poteva esimersi Ozpetek, che alle tematiche di sempre lega quelle della famiglia patriarcale tipicamente italiana: una famiglia tradizionalista che non sa accettare la diversità e non sa vivere al di fuori delle convenzioni.
Il giovane Tommaso (Riccardo Scamarcio) torna nella città natale, Lecce, per fare una serie di rivelazioni alla sua famiglia: non è solo la sua omosessualità che è difficile da confessare ai genitori, ma anche che, contrariamente a quanto tutti hanno creduto fino a quel momento, non è stato a Roma per studiare economia ma si è laureato in lettere e intende fare lo scrittore. La sua confessione però non avviene: una serie di eventi lo costringono a fermarsi a Lecce per qualche tempo per lavorare nell’impresa di famiglia e, ovviamente, riflettere su se stesso e le proprie scelte.
L’atmosfera è diversa dalla solita dei film di Ozpetek, sicuramente meno colorata e variegata ma, anche quando sono avvolti nella più totale ipocrisia e perbenismo, i personaggi sono eccentrici soprattutto nei modi di reagire quando si trovano di fronte a realtà che non conoscono.
I genitori di Tommaso (i bravissimi Ennio Fantastichino e Lunetta Savino) più che essere rigidi nelle loro posizioni, negano l’evidenza dei fatti e in parte l’amore per i loro figli. Invece la zia (una quasi irriconoscibile Elena Sofia Ricci) e la nonna di Tommaso (Ilaria Occhini) sono i personaggi più lungimiranti e forse anche i più riusciti: entrambe hanno sofferto a causa del loro spirito libero che è stato inesorabilmente domato dalla famiglia, entrambe sono ormai chiuse in un silenzio carico di significato, e in cerca di uno spiraglio che permetta loro di evadere dal carcere quotidiano in cui si trovano a vivere; proprio per questo sono più aperte verso i cambiamenti e la diversità, sono probabilmente loro le mine vaganti che danno il nome alla pellicola.
In questo film ciò che sorprende di più, e assai piacevolmente, è il tono tragicomico, l’ironia dei personaggi e delle situazioni. Non c’è più la tragedia che scoppia per mettere i protagonisti di fronte a se stessi, troviamo uno scontro tra mentalità diverse che genera una serie di momenti molto divertenti. Ovviamente non mancano i tipici toni melodrammatici dei film di Ozpetek, ma, tra qualche autocitazione e picco di melassa, stavolta si ride.
I luoghi comuni sulla mentalità ristretta delle famiglie tradizionali e la morale, secondo cui le divergenze vengono sempre appianate dall’amore se si mette da parte l’orgoglio, risultano un po' scontati; ma il film è assolutamente piacevole, ottimo spunto di riflessione per chi si trova ancora a combattere le stesse battaglie di Tommaso dall’una o dall’altra parte, e ci suggerisce che ogni tanto ci si può imbattere in qualche mina vagante che rompe lo stato delle cose, facendole migliorare.
La frase: "E' più faticoso stare zitti che dire quello che si pensa".
Ilaria Ferri
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