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L'uomo senza sonno
Sono molte le muse ispiratrici di Brad Anderson, il regista inglese de "L'uomo senza sonno".
Sono stati ricordati maestri del cinema come Hitchcock o il Wiene del "Gabinetto del Dott. Caligari", David Lynch e Roman Polanski. Tutte citazioni corrette, alle quali, personalmente, aggiungerei anche Cronemberg.
La capacità di generare un elevato livello di tensione, l'uso della fotografia come elemento qualificante di ciò che si sta narrando, un certo gusto per il particolare macabro e ribrezzante, la creazione di atmosfere alienanti e fuori dalla realtà, l'analitico interesse per la malattia mentale, sono tutti elementi che si colgono guardando "L'uomo senza sonno", e che, in effetti, richiamano alla mente i registi nominati. Ma forse, la vera musa alla quale Anderson si è ispirato va individuata nella letteratura e più precisamente in Dostoievsky del quale, nella storia che si racconta, si colgono molti dei temi del grande scrittore russo. Peraltro, è lo stesso sceneggiatore, Scott Kosar, ad affermare di essere stato influenzato dal racconto "Il doppio" di Dostoiesvky.
Bisogna dire che il regista Anderson, nel raccontare la storia di Trevor (Christian Bale), operaio in una fabbrica, che da oltre un anno non riesce a dormire, è bravo a tradurre in immagini i temi della colpa e del complotto, della progressiva estraniazione del protagonista da una società che lui considera sempre più lontana e sempre più ostile. Il film si snocciola narrando, con sofisticata enfasi, i rapporti sempre più difficili di Trevor con i suoi compagni di lavoro, diventati insostenibili quando per distrazione causa un grave incidente ad un suo collega. Con una fotografia sempre curatissima, a tratti quasi decolorata, altre volte invece molto pesante, il regista inglese è bravo nel raccontare la graduale ed inarrestabile presa di coscienza di Trevor di ciò che è all'origine di tutte le sue fobie e che lo porteranno fino a gesti estremi. Percorso inevitabile per il raggiungimento della giusta espiazione.
Anderson, al suo secondo lungometraggio, dimostra di saperci davvero fare con la macchina da presa. Lo testimoniano alcune inquadrature originali ed un innato gusto per la messinscena. Il suo meglio, però, lo esprime nella lunga scena del tunnel degli orrori del locale Luna Park.
Sequenze da antologia che soddisferanno il palato anche dei cinefili più esigenti.
Accanto a Christian Bale ("American Psycho") magrissimo e ripreso in ogni scarna piega del suo corpo, troviamo una convincente Jennifer Jason Leigh nel ruolo di una prostituta con aspirazioni di emancipazione sociale il cui personaggio sembra proprio uscito dalle pagine dello scrittore russo morto più di cento anni fa e che ancora tanto influenza il cinema moderno.
Daniele Sesti
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