L'ultima ruota del carro
Quarant’anni della storia italiana raccontati attraverso le alterne fortune di Ernesto Fioretti, un autista di produzione romano, oggi poco più che sessantenne. E’ una storia vera a tratti un po’ romanzata che si tinge dei toni della commedia corale cui fanno da sfondo alcuni dei momenti più importanti dell’Italia, che diventa quasi un altro personaggio.
"L’ultima ruota del carro" è il nuovo film di Giovanni Veronese, già autore della trilogia "Manuale d’amore", che insieme ad Ugo Chigi e Filippo Bologna raccontano una vita diversa, riscoprendo i buoni sentimenti, l’onestà, l’etica, il valore della famiglia...in contrasto con il vissuto italiano fatto di devastazione morale, corruzione, malasanità, microcriminalità. E’ un piccolo melodramma dai toni agrodolci che cattura il cuore dello spettatore con la sua semplicità, tenendosi ben lontano dai toni di denuncia e accusa contro la devastazione che intanto dilaga nel Belpaese. E’ la storia di un uomo comune, uno fra tanti non certo un eroe, ma un uomo che da giovanissimo inizia a lavorare con il padre come tappezziere e poi grazie agli intrallazzi, tipicamente italiani, conquista il tanto agognato "posto fisso", come cuoco d’asilo. Un lavoro che gli sta stretto e che non sopporta rendendosi perfettamente conto dei suoi limiti e del male che potrebbe fare ai piccini e così lo abbandona per diventare traslocatore, un lavoro usurante che ben presto sarà costretto a lasciare per reimpiegarsi come autista e infine comparsa del cinema.
E’ una storia chiusa che inizia con un Ernesto Marchetti, questo è il nome dato al protagonista nella finzione cinematografica, interpretato da un bravissimo Elio Germano, che immerso nella discarica di Malagrotta, cerca e arraffa, fino a trovare un vecchio e usurato pallone da calcio ed è allora che inizia il racconto. La storia della sua vita si svolge in ordine cronologico ben definito e attraverso incontri, perdite e nuovi incontri il nostro personaggio cresce e si approfondisce, restando però sempre un faro di luce fra le brutture che intanto costellano la storia d’Italia.
"L’ultima ruota del carro" è un omaggio, ben riuscito, alla commedia italiana di Scola, Monicelli e Risi, è un film per certi versi molto audace, che tenta in tutti i modi di raccontare senza giudicare, di mantenere in secondo piano l’aspetto sociale e politico e soprattutto l’elemento didascalico. Ad aiutare la narrazione ci sono personaggi di contorno, ma comunque importanti come il geniale pittore-scultore il Maestro, interpretato da un eccellente Alessandro Haber, che si trasforma ben presto da capo ad amico e da amico a padre per il nostro Ernesto, segnando con la sua presenza la fine di quello che si può definire il primo tempo del film, caratterizzato da un ritmo veloce dai toni ironici. Altri personaggi importanti sono ovviamente la delicata moglie di Ernesto, Angelina, interpretata da Alessandra Mastronardi, che fin da subito nonostante la sua dolcezza è chiaramente il punto fermo di Ernesto, il suo porto sicuro. Infine c’è il migliore amico del nostro, ossia Giacinto, interpretato da un bravissimo Ricky Memphis, che con la sua presenza mostra come la società venga influenzata dalle malefatte politiche, è lui che dà voce alle aspettative sociali dell’epoca, affannandosi ad inseguire le correnti e cercando di cambiare vita in modo da rimanere sempre sulla cresta dell’onda. Un piccolo squalo circondato da squali molto più esperti di lui ed è attraverso lui che la devastazione italiana appare sempre più evidente. I dialoghi sono costruiti bene e così la sceneggiatura e il ritmo appare costante, ma… improvvisamente nella seconda parte rallenta, affaticando lo spettatore ed è allora che anche i dialoghi cominciano a decadere e a diventare quasi un cliché.
La scena finale, decisamente allegorica, viene così smorzata e perde di forza e senso proprio a causa di un dialogo stereotipato.
La frase:
"Non guardare tua madre, qui tua madre non conta un cazzo e tu conti meno di lei. Qui tu sei l’ultima ruota del carro".
a cura di Federica Di Bartolo
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