FilmUP - Recensione: Lautlos

Lautlos
Viktor ha un triste passato: quando era ancora bambino hanno ucciso i suoi genitori proprio sotto i suoi occhi. E dopo la morte, il silenzio ha avvolto la sua vita.
Aiutato da un amico di famiglia per prima cosa si vendica, poi diventa un killer professionista, che uccide a sangue freddo le sue vittime senza mai lasciare una traccia. Almeno fino a quando incontra Nina: una donna bellissima e misteriosa, che ha perso ogni interesse per la vita. Le due solitudini fanno presto ad incontrarsi e, con l'arrivo dell'amore, la fortezza che Viktor si è costruito intorno comincia piano piano a scricchiolare. Arrivano i primi errori, le tracce lasciate in giro. E il detective Lang è sempre più vicino.
Non è la prima volta che il cinema tedesco, così poco visto in Italia, ci riserva piacevoli sorprese. Lautlos, in particolare, presentato in anteprima al Festival di Taormina, è un film elegante. Uno di quei film che si apprezzano perché, pur non essendoci nulla di nuovo nella storia o nella caratterizzazione dei personaggi (si pensi a Nikita per esempio), ci si appassiona comunque e l'interesse resta alto fino alla fine. Questo perché non solo il film è molto ben diretto da questo regista di origini turche (ma nato a Monaco), ma è anche tecnicamente perfetto. Nella sceneggiatura, nelle riprese, nel montaggio, nella fotografia, persino nella musica, non una sbavatura, non una scena di troppo, nessuna concessione al romanticismo più spicciolo. E alla fine non si sa davvero per chi fare il tifo, se per questi due novelli Diabolik e Eva Kant che a costo di non perdersi oseranno sfidare la giustizia, o se per l'ispettore Lang, uomo intelligente, scaltro, degno avversario del killer, sempre ad un passo dalla soluzione del caso.
Atmosfere lounge, ritmo coinvolgente, azzeccati espedienti narrativi e pochi (finalmente!) effetti speciali.
Yapo, classe 1966, è veramente una promessa per il giovane cinema tedesco: attendiamo incuriositi la sua prossima prova.

Francesca Onorati

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