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Justice LeagueLa recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com di Francesco Lomuscio14 novembre 2017Voto: 6.0
I titoli di testa sono accompagnati dalla “Everybody knows” di Leonard Cohen riletta da Sigrid; prima ancora, però, non solo apprendiamo che la collocazione temporale delle circa due ore di visione va ad innestarsi dopo la morte del supereroe di Krypton avvenuta in “Batman v Superman: Dawn of justice” (2016) di Zack Snyder, ma ritroviamo anche in azione l’Uomo pipistrello di Gotham City, nuovamente con le fattezze di Ben Affleck.
Un Uomo pipistrello che, oltre al Flying Fox, aereo ibrido con la capacità di un cacciabombardiere e la manovrabilità di un jet da caccia, sfoggia in questa nuova avventura il carro armato a quattro zampe denominato Knightcrawler; mentre, probabilmente consapevole del fatto che la dipartita del collega svolazzante abbia finito per rappresentare la perdita della speranza, s’impegna a radunare alleati metaumani insieme a cui fronteggiare il gigantesco Steppenwolf alias Ciarán Hinds, proveniente dal mondo da incubo di Apokolips, e la sua armata di parademoni. Alleati metaumani a cominciare dalla Wonder Woman incarnata per la terza volta da Gal Gadot e che viene reintrodotta attraverso la riuscita sequenza del colpo sventato all’interno della Old Bailey di Londra, dal sapore alla Tim Burton che non caratterizza, però, il resto dell’operazione. Perché, man mano che entrano in scena il subacqueo Aquaman dai connotati dell’imponente Jason Momoa, il metà uomo e metà macchina Cyborg in possesso di quelli di Ray Fisher e il velocissimo Flash che, dopo essere stato interpretato sul piccolo schermo da John Wesley Shipp e Grant Gustin, approda finalmente sul grande calando nella sua scintillante tuta rossa l’Ezra Miller già annunciato in “Suicide squad” (2016), il resto – al di là di un certo retrogusto horror testimoniato dal satanico look del citato villain di turno e da ironici riferimenti verbali al kinghiano “Cimitero vivente” – non si discosta molto dagli spettacoli a base di tripudio di effetti digitali e scene girate con green screen a cui ci ha abituati Snyder, di nuovo al timone di regia. Un aspetto che, senza rinunciare neppure ad uno scontro che arriva a coinvolgere le amazzoni a cavallo, grazie all’abbondanza di movimento finisce di sicuro per rendere l’insieme – sceneggiato dal regista stesso al fianco di Chris Terrio e del Joss Whedon artefice della serie cinematografica Marvel degli Avengers – decisamente più digeribile rispetto al soporifero, sopra menzionato match in fotogrammi tra Clark Kent e Bruce Wayne, pur lasciando soddisfatti soprattutto i meno esigenti spettatori in grado di accontentarsi del fracasso proto-videogioco dallo spessore minimo. Prima che si approdi agli ultimi due momenti posti durante e dopo i titoli di coda – accompagnati dalla beatlesiana “Come together” rivisitata da Gary Clark Jr e Junkie XL – di un’operazione la cui inizialmente annunciata versione comprendente circa cinquanta minuti in più dispensava, probabilmente, un maggior numero di situazioni di dialogo a favore della logica da spiegazioni ma a discapito dell’immediato effetto d’intrattenimento proto mega-spot. La frase dal film:
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