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I Spit on Your Grave











Rifugiatasi in un tranquillo cottage tra i boschi per trovare nuova ispirazione, una giovane scrittrice di città viene brutalmente violentata da quattro individui del posto, i quali, credutala morta, ne abbandonano il corpo senza immaginare che sia pronta a tornare vendicativamente alla loro ricerca.
Con la televisiva Sarah Butler calata nel ruolo che fu della Camille Keaton di "Cosa avete fatto a Solange?" (1972), riprende fedelmente l’esile soggetto alla base dell’originale "Non violentate Jennifer" (1978) di Meir Zarchi questo rifacimento firmato da Steven R. Monroe, il cui curriculum dietro la camera di ripresa, prevalentemente legato al piccolo schermo, include il fantascientifico "Devil on the mountain" (2006), interpretato da Lance Henriksen.
Quindi, giusto il tempo di fare conoscenza con la protagonista Jennifer Hills e con i bruti (tra i quali il Rodney Eastman del terzo e quarto "Nightmare"), che si passa immediatamente alla lunga ed estenuante sequenza dello stupro, in questo caso anche documentata da uno dei quattro tramite l’uso di una videocamera minidv.
D’altra parte, siamo nel XXI secolo, quindi, sebbene venga ancor più accentuato l’allegorico contrasto derivato dall’incontro-scontro tra realtà metropolitana e mentalità rurale, non sono certo telefoni cellulari e laptop a mancare nel corso dei 108 minuti di visione, i quali trovano anche il tempo di convincerci che la divisa da sceriffo non sia più sinonimo di protezione e sicurezza come lo era ai tempi del capostipite.
Capostipite il cui look decisamente freddo e realistico, quasi da snuff-movie, viene fortunatamente abbandonato da Monroe, che preferisce trasportare il tutto in una dimensione più cinematografica, da film dell’orrore, a partire dalle improvvise apparizioni che Jennifer fa alle sue future vittime, ricordando sotto certi aspetti gli spettri femminili.
E, tra vasche piene di lisciva ed ami da pesca conficcati nelle palpebre, risente ovviamente del torture porn alla "Hostel" e "Saw" la sadica rivincita messa in atto dalla donna; al servizio di un’operazione che, caratterizzata da un’ottima regia e da un cast decisamente in forma, finisce per superare di gran lunga la pellicola da cui prende le mosse. Senza snaturarne l’impatto e il senso originari.

La frase:
"Dammi retta tesoro, nessun ragazzo lascerebbe coscientemente una ragazza così carina quaggiù, da sola".

a cura di Francesco Lomuscio

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