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IsabelleLa recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com di Leonardo Mezzelani25 novembre 2018Voto: 6.5
Isabelle è un’astronoma francese che vive e lavora a Trieste. Le sue giornate scorrono serene tra una passeggiata nelle splendide campagne triestine e un barbecue con i colleghi nella sua elegante casa di campagna. La donna aspetta anche la consueta visita estiva del suo amato figlio Jérôme, abituato a passare qualche giorno con la madre durante la stagione più calda dell’anno. Tutto sembra andare per il meglio, ma raramente le apparenze corrispondono alla realtà, soprattutto al cinema. Isabelle è ossessionata da un giovanissimo ragazzo, Davide, che si sta riprendendo dopo un brutto incidente in ospedale, lo va a trovare spesso, gli offre ripetizioni. A farci sembrare ancor più strane queste attenzioni ci pensa Jérôme, che, appena venuto a sapere della cosa, dà letteralmente di matto. Sembra chiaro che i due stiano nascondendo qualcosa, ci viene rivelato che la convalescenza del giovane è dovuta ad un incidente causato proprio da Isabelle e suo figlio. La polizia sta indagando ma non ha prove, non riesce a trovare i colpevoli, quindi i due sono scappati senza prestare soccorso. Ecco che allora il film comincia a raccontare la sua vera storia, si fa trascinare totalmente dalla potenza recitativa di Ariane Ascaride.
“Isabelle”, terzo lungometraggio di Mirko Locatelli (oltre la regia ha curato anche la sceneggiatura), si mostra come un dramma borghese. È lo stesso regista a evidenziare la vicinanza con il teatro ottocentesco, dove il dramma personale si consumava all’ombra della propria identità sociale. Così la frattura in Isabelle non è mai nascosta, anzi, con il passare dei minuti, con il crescere dell’ossessione della donna, cresce anche il suo dualismo. La mimica facciale della Ascaride, a questo punto, diventa un gran punto di forza. La protagonista ha uno sguardo sempre in bilico tra il triste e il sognante. Lo sguardo di una donna che sta sognando proprio grazie alla gabbia che è stata costretta a costruirsi intorno, grazie al crimine commesso. Lo sguardo di chi sta godendo nel vivere sul filo del rasoio, nonostante voglia in tutti i modi proteggere suo figlio. Non appare quindi forzato il parallelismo che il regista fa tra la sua opera e i drammi di Augier e Dumas. In “Isabelle” Locatelli usa, sapientemente, una regia pulita. Son frequenti le inquadrature fisse che vanno a creare cornici all’interno delle quali i protagonisti si muovono e interagiscono, proprio come su di un palcoscenico. La fotografia caratterizzata da toni chiari, unita al paesaggio amèno, esalta per contrasto la cupezza degli animi dei protagonisti. Purtroppo, questa relazione/ossessione che nasce e cresce tra Isabelle e Davide, con il passare dei minuti non acquista la necessaria morbosità. Di erotismo non vi è quasi traccia, tutto resta accennato, non detto e non mostrato. Probabilmente la scelta è prettamente artistica e stilistica, accettabile e comprensibile anche se non necessariamente condivisibile. Sarebbe stato forse il caso di mantenere questa linea fino alla fine, per evitare spoiler non si può dire molto ma verso la fine del film c’è una scena che, messa così, non trasmette quanto potrebbe, non disturba come dovrebbe, ed è un grosso peccato. “Isabelle” è un film indipendente (prodotto dallo stesso Mirko Locatelli) elegante, intimo, capace di raccontare una piccola realtà italiana come raramente si vede, eppure sarebbe così necessario e bello avere più esempi come questo. Per tutto questo vale la pena di essere visto, su questo non ci sono dubbi. La frase dal film:
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