il Trasformista
Il trasformista evoca atmosfere alla David Copperfield, una sorta di magia del cambiamento, dell'illusione e del divertimento, un Fregoli insomma. In effetti la definizione non si discosta più di tanto, se non per l'aggettivo "divertente" dall'immagine della politica italiana che ci propone Luca Barbareschi con il suo Augusto Viganò.
Augusto, uomo semplice ed idealista, in seguito ad un'inondazione del Po che rivela una pericolosa discarica abusiva, decide di scendere in campo con un gruppo ambientalista. Durante una dimostrazione viene notato da Arzuffi, un imprenditore locale che vorrebbe vincere l'appalto per la bonifica e che così si impegna a sostenerlo, segretamente, in una campagna elettorale con l'aiuto di Lanzetta (Rocco Papaleo / "Volesse il cielo"). Augusto accetta la candidatura animato da un genuino spirito riformista e si divide tra comizi e cene d'opportunità in cui diventa il delfino di Battani (Luigi Maria Burrano / "Le buttane"), responsabile della campagna elettorale del Polo.
Agusto viene alla fine eletto, ma arrivato a Roma si scontra da un lato con le ottusità della politica, le sue invidie ed il livore che sembra permeare tutto, dall'altro viene trascinato nel vortice dei salotti mondani dove la parola d'ordine sembra essere omertà e compromesso.
La stessa anima di Augusto inizia a corrompersi, innamoratosi di Catherine (Catherine Wilkening / "Mare Largo") dimentica praticamente la sua famiglia, quindi è la volta della mediazione politica, ma ciononostante il suo progetto rimane bloccato negli acquitrini della politica romana. Sembra ormai una via senza uscita, i mille desideri che aveva non si sono concretizzati ed ora anche la sua credibilità è minata dal suo ex-amico Lanzetta.

Barbareschi prepara una sorta di missile a testata nucleare da lanciare contro i "forzisti" (chiari i riferimenti negli slogan e nella grafica dei suoi manifesti elettorali), ma si scorda, o peggio non vuole, di armare la carica producendo così solo un innocuo fuoco d'artificio. La potenzialità della pellicola era talmente elevata che in fase di lavorazione l'onorevole Casini ha posto un veto all'utilizzo delle vere "stanze del potere", ma poi la scelta di mischiare tutte le forze politiche in un unico crogiolo di corruzione ed opportunismo, non fa che stemperare i toni e creare l'ennesimo film senza mordente.
Peccato perché la buona recitazione dei singoli, Rocco Papaleo su tutti, non viene sorretta dalla regia di Barbareschi, troppo scolastica e piatta, altro elemento che, insieme ad alcune pause narrative inserite "ad arte" per raggiungere una lunghezza ottimale, contribuisce alla mediocrità del prodotto finito.
Un'occasione persa per flagellare una politica italiana che, come dice bene un onorevole, "è sempre pronta ad accorrere in aiuto del vincitore", ma allo stesso tempo continua non solo a scontentare la maggioranza di noi, ma preoccupa sempre di più quelli che guardano al futuro.

Indicazioni:
Per chi ha apprezzato "Il portaborse".

Valerio Salvi

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