Il silenzio prima di Bach
Finito all'interno delle colonne sonore di capolavori firmati da autori come Pier Paolo Pasolini e Ingmar Bergman, passando per Francis Ford Coppola e Andrei Tarkowsky, Johann Sebastian Bach, nato il 23 marzo del 1685 a Eisenach nella famiglia di musicisti tedeschi più nota dell'epoca e morto a Lipsia sessantacinque anni dopo, ha suscitato non poche volte l'interesse di chi lavora nell'universo delle immagini in movimento.
Infatti, se in tempi recenti Dominique de Rivaz ha curato il documentario "Mein name ist Bach", del 2003, non dobbiamo dimenticare che il massimo musicista barocco venne già interpretato dal grande clavicembalista Gustav Leonhardt, nel 1967, in "Cronaca di Anna Magdalena Bach", ed ancora prima, nel 1941, Traugott Müller e Gustaf Gründgens incentrarono sul figlio Friedemann Bach il film "Senza gloria".
E' ora Pere Portabella, una delle maggiori figure del cinema indipendente e clandestino della Spagna franchista, nonché produttore del buñueliano "Viridiana" e dei primi lavori di Carlos Saura e Marco Ferreri, a rendergli omaggio con "Il silenzio prima di Bach", il cui titolo trova rappresentazione visiva direttamente in apertura, con un pianosequenza privo di musica che, improvvisamente, viene "disturbato" da un pianoforte suonante.
In verità, però, pochissimo spazio viene concesso alla figura dell'autore della Toccata e fuga in Re minore, interpretato dall'esordiente Christian Brembeck, in quanto il film di Portabella, consigliato soprattutto agli studiosi delle note musicali ma sicuramente non adatto a chiunque, costruisce su lenti ritmi di narrazione un viaggio tutt'altro che lineare attraverso diciottesimo, diciannovesimo e ventunesimo secolo, ricorrendo a personaggi comuni quali macellai, camionisti ed accordatori di piano non vedenti.
Tutte figure che, insieme al gruppo di violinisti sulla metropolitana (sicuramente una delle migliori sequenze del film), testimoniano in che modo un prodotto da consumare attraverso l'udito sia in grado di oltrepassare la morte del proprio "fabbricante", trovando perfino la capacità di trasformarsi in oggetto di cultura popolare; tanto che, trattandosi di un lungometraggio parlato in parte in italiano, in parte in tedesco ed in parte in spagnolo, ci invita a riscoprire in che modo l'unico linguaggio veramente universale sia quello della musica.
E la genialità di fondo dell'operazione emerge pienamente soltanto una volta giunti a fine visione, quando ci rendiamo conto del fatto che, pur non avendo assistito ad una classica biografia su celluloide, ciò che è stato proiettato non era altro che il resoconto della vita del celebre musicista, raccontata implicitamente tramite le parole dei diversi protagonisti e, soprattutto, per mezzo della forza generata dall'unione tra immagine e melodia.
Uno stratagemma tanto semplice, quanto innovativo per quanto riguarda la comunicazione su schermo.

La frase: "Se sei una persona onesta, anche la tua musica lo sarà ed emanerà bellezza".

Francesco Lomuscio

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