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Il sacrificio del cervo sacro

La recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com

di Leonardo Mezzelani22 giugno 2018Voto: 8.0
 

  • Foto dal film Il sacrificio del cervo sacro
  • Foto dal film Il sacrificio del cervo sacro
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Scrivere di Yorgos Lanthimos vuol dire scrivere di uno dei più interessanti registi europei emergenti. Scrivere de “Il Sacrificio del cervo sacro” vuol dire scrivere di un’opera tutt’altro che immediata e di facile comprensione (o digestione). A questo punto sembra opportuno partire dalla trama. Steven è un rinomato cardiologo, ha una meravigliosa famiglia composta da sua moglie Anna e due figli, Kim e Bob. Quello che sembra l’identikit di un uomo dalla vita perfetta non svela però tutto quello che c’è da sapere sul nostro protagonista. Ci viene subito mostrato che è solito frequentare uno strano ragazzo, Martin, e già dai loro primi sguardi si può intuire che la loro relazione è tutt’altro che pura. Il mistero sui motivi di questo legame non si scioglie immediatamente e, anzi, va infittendosi con l’avanzamento di pretese e la crescente morbosità del giovane. Infatti Martin riuscirà a farsi invitare a cena a casa del suo “amico” chirurgo e, da quel momento, nulla sarà più come prima. Strani avvenimenti si abbatteranno sulla famiglia di Steven e l’apparentemente tanto saldo equilibrio domestico rivelerà tutti i suoi lati più instabili e oscuri.

Il film inizia con un minuto di nero durante il quale lo spettatore è accompagnato dalle note dello “Stabat Mater” di Schubert fino alla successiva immagine, un’operazione a cuore aperto, tanto suggestiva quanto inquietante. Da subito lo spettatore è catapultato nel mondo del film, nessun filtro. D’altronde anche il titolo, evidente richiamo alla tragedia “Ifigenia in Aulide” di Euripide, rivela che sarà richiesto un sacrificio, un pegno da pagare per sfuggire alla cattiva sorte.
La storia sembra poi raccontata in due atti, non con la canonica struttura a tre. Se durante il primo si entra man mano, insieme ai protagonisti, in un “mondo altro”, dove ogni idea scientifica non ha alcun peso; nel secondo il sovrannaturale sembra essere accettato con sconvolgente cinismo. Resta solo una scelta da fare per espiare una colpa, dalla quale apparentemente è impossibile sfuggire.
Il connubio immagini e musica poi, di kubrickiana memoria, è potentissimo e contribuisce a creare una crescente tensione nello spettatore che si trova così intrappolato in un mondo senza speranza. In un’escalation di orrore, terrore e violenza.

Anche il cast non delude. Colin Farrel nella parte del cardiologo tira fuori nuovamente il ruolo della vita e conferma la grande sintonia con il regista greco (i due avevano già collaborato in “The Lobster”). Il meraviglioso personaggio di Anna, madre/moglie amorevole e servizievole ma anche cinica e spietata, è portato in scena perfettamente da Nicole Kidman. Anche qui non può che venire spontaneo il paragone con la Alice di “Eyes Wide Shut”, sempre di Kubrick, sempre interpretata dall’attrice di origini australiane. I tre ragazzini riescono a trasmettere inquietudine e crescente ansia con la loro quasi totale apatia.
Non serve soffermarsi molto a parlare della componente visiva del film, ogni frame potrebbe essere un quadro, anche l’orrore diventa gioia per gli occhi.

Con “Il sacrificio del cervo sacro” Lanthimos gioca ancora una volta con i generi, siamo a metà tra un thriller psicologico e un puro horror. Eppure, prerogativa dei grandi artisti, il genere non è un limite, ma un mezzo per poter raccontare altro. Così la stregoneria, le maledizioni e il sangue diventano un pretesto per guardarci dentro, per interrogare l’uomo.
Uscire dalla sala dopo la visione de “Il sacrificio del cervo sacro” uguali a come eravamo prima di entrare è praticamente impossibile. Il film sconvolge, positivamente o negativamente poco importa. In un momento come questo, dominato da prodotti preconfezionati creati per piacere a tutti, non può che essere un pregio. Citando il compianto Pier Paolo Pasolini: scandalizzare è un diritto, essere scandalizzati un piacere.


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