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Il quinto potere











Scrivere la sinossi di "Il quinto potere" potrebbe non servire: il caso Wikileaks e le vicende giudiziarie e private del suo fondatore Julian Assange sono ormai parte dell’universo dell’informazione e probabilmente ne sappiamo a sufficienza. Basta dunque limitarsi a dire che il film di Bill Condon copre l’arco di tempo che va dall’incontro tra Assange (interpretato da Benedict Cumberbatch) e Berg (Daniel Brϋhl) fino al caso della diffusione dei dispacci chiamati "Iraq war logs" da parte di Wikileaks.
"Il quinto potere", il cui titolo ci ricorda un film di Lumet degli anni ’70 (chiamato "Quinto potere" nella versione italiana) ma che con il nuovo arrivato ha poco o niente a che fare, mette sul piatto la questione dell’informazione e del suo rapporto con il potere di Stato e con il potere istituzionale in generale, nonché la contrapposizione tra utente anonimo e giornalista – personaggio pubblico – che producono entrambi notizie ma con mezzi, modalità e conseguenze diverse, se non opposte.
Insomma, di carne al fuoco ce n’è davvero tanta ma Condon e lo sceneggiatore John Singer scelgono un modo di raccontare le cose secondo una modalità che lascia veramente a desiderare. La scrittura retorica e la regia confusionaria e frenetica (altissimo numero di inquadrature, camera quasi sempre a mano, montaggio rapido) sembrano adatte più ad un film d’azione che non a un lavoro che dovrebbe analizzare e far riflettere sui temi sopra citati. "Il quinto potere" non ha nulla di intimo e di riflessivo, anzi, sembra proprio voler manifestare qualcosa al mondo intero e il più velocemente possibile: non abbiamo la possibilità di assimilare gli avvenimenti, numerosi e compressi malgrado il film sia molto – troppo – lungo, di ricordare i dialoghi e di farli nostri. Parlare di "americanata", sia riguardo la tecnica che i contenuti, non sembra un azzardo, anzi: il film di Condon è assai retorico ed occidentalocentrico, proprio ciò che la natura stessa di Wikileaks rifiuta.
Le accortezze formali adottate dal regista si rivelano specchi per le allodole senza risvolti espressivi nel caso dei filmati e telegiornali di repertorio, e invadenti nel caso delle grafiche ipermoderne usate per ripercorrere le tappe del lavoro svolto dai membri di Wikileaks.
Nel complesso, "Il quinto potere" è un film dalle grosse pretese, che quasi si chiude su se stesso e in un certo senso si auto-compiace, facendo forza sulla bella idea dell’organizzazione partita dal basso che riesce a scardinare istituzioni miliardarie. Di nobile ed eroico c’è davvero poco.

La frase:
"Ti senti sicuro?".

a cura di Fabiola Fortuna

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