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Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve











Dopo il successo planetario del libro (sei milioni di copie vendute in tutto il mondo, duecentomila copie in Italia) Felix Herngren traspone sullo schermo questa simpatica, grottesca e improbabile opera letteraria di Jonas Jonasson.
Allan è un arzillo vecchietto con una irrefrenabile passione per gli esplosivi che, nel giorno del suo centesimo compleanno, esasperato dalla noia della casa di riposo nella quale è costretto a vivere, scappa dalla finestra senza una meta o uno scopo, se non quello di godersi l’ultimissima parte della sua vita. Raggiunge la più vicina stazione dei pullman e, dopo un primo malinteso, si ritrova su un bus con una valigia piena di soldi di proprietà di una losca quanto imbranata banda di pseudo motociclisti tatuati che cominceranno a dargli la caccia. Da qui inizia il suo viaggio, che coinvolgerà il solitario Julius, l’eterno indeciso Benny e Gunilla, una ragazza che ha il difetto di innamorarsi sempre dell’uomo sbagliato. I quattro saranno accompagnati da un elefante, regalo dell’ex compagno di Gunilla. La narrazione si divide su due binari temporali: quello attuale, nel quale si sviluppa la trama inerente alla fuga con valigetta, e quello passato, dove si raccontano le incredibili vicende della vita di Allan, che con la sua ingenuità è riuscito a conoscere i più importanti capi di stato del suo tempo, cambiando anche il corso della storia.
Praticamente sconosciuto in Italia e autore soprattutto di serie tv, per lo svedese Felix Herngren questo rappresenta il più ambizioso film della sua carriera, se non altro per il richiamo che la pellicola eserciterà sui lettori del best seller. Per farlo al meglio si è affidato ad uno dei volti più amati nel panorama attoriale svedese, Robert Gustaffson, uomo di cinema e teatro più volte eletto persona più simpatica di Svezia. Il risultato finale è riuscito a metà.
Non tradisce le aspettative Gustaffson, “Era l’unico che avrebbe dato al personaggio credibilità e ironia al tempo stesso” ha dichiarato il regista, e così ha effettivamente fatto, merito anche delle due eccellenti spalle, Wiklander e Wiberg, brave a non invadere con la loro prova il terreno del protagonista ma riuscendo comunque a creare due personaggi forti e credibili. Interessanti alcune soluzioni di montaggio ma, se come detto questo è un film riuscito a metà, il merito e la colpa è della sceneggiatura e in particolare dei dialoghi, che con la loro brillantezza rappresentano sicuramente il grande merito del film, ma al tempo stesso con il passare dei minuti rischiano di diventare un po’ ridondanti e “telefonati”, e a farne le spese è la scorrevolezza. Detto ciò, questa è certamente una commedia ben fatta non priva di interessanti riflessioni non solo sulla vecchiaia, ma sull’intero modo di vivere occidentale. La soluzione che il regista propone, all’insegna della leggerezza e dell’ingenuità, è molto più meritevole e a suo modo poetica di quanto si possa in un primo momento pensare.

La frase:
- "Cosa c’è a Byrige?"
- "Un bel niente!"
- "Allora un biglietto di sola andata per Byrige!".

a cura di Alessio Altieri

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