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Il caimano
Milano - Uno e trino, dopo tanta clamorosa segretezza e silenzio "Il Caimano" di Nanni Moretti è pronto a mordere e far discutere. Ed è un film nel film, anzi è molto di più, sono tre storie che sono un tutt'uno fin dal primo istante, quando conosciamo il protagonista, Bruno Bonomo (Silvio Orlando facente veci di Moretti). Produttore che negli anni '70 è stata una stella "quasi brillante" del cinema italiano di serie B che oggi fatica a restare a galla, preso a metà tra la dolorosa separazione dalla moglie (Margherita Buy) un tempo protagonista dei suoi film, e un progetto su Cristoforo Colombo per la Rai, unica concreta possibilità di risalire la pessima china finanziaria.
Eppure la notte, appena chiude gli occhi, la sua testa comincia a pensare a quello che potrebbe essere un altro film, Il Caimano, scritto da una giovane cineasta (Jasmine Trinca) che gli allunga la sceneggiatura di soppiatto, una sera, durante una retrospettiva lui dedicata. Comincia così un balletto onirico in cui Berlusconi (Elio De capitani), si vede distruggere la scrivania da un'immensa valigia piena di danaro che sfonda il soffitto (ecco da dove sono venuti tutti quei soldi!), oppure compra il Milan, fonda Milano 2, crea il un impero televisivo e acquisisce parte della stampa italiana... tutte cose, come dice Moretti, che chi voleva sapere già sa, già s'è premurato di sapere.
Inutile resistere, Bonomo cerca di dirottare gli introiti della Rai sul nuovo progetto ma il destino s'accanisce, che il film non s'abbia da fare? Dopo i primi fuochi il produttore di "Mocassini Assassini" e "Maciste contro Freud" si trova sempre più solo, i figlioli la sera vogliono favole per addormentarsi, non storie di fondi neri. La moglie già s'è detto che intenzioni abbia, mentre la sceneggiatrice si rivela lesbica, madre convivente, e l'attore principale - Michele Placido che cita in continuazione l'amico Gian Maria (Volonté) e telefona alle amanti dal set - si da alla fuga nel giro di poco. Persino il co-produttore straniero così voglioso di raccontare questa "italietta" alla fine si tira indietro. Ed è proprio al termine di tutto, toccato il fondo, quando le ruspe vengono a rimpadronirsi del terreno su cui giace il suo teatro di posa, che con uno scatto d'orgoglio Bonomo accetta di cedere la propria metà della casa coniugale e investire i soldi in un solo, unico, giorno di riprese, il tempo necessario per girare quella che è la terza storia, quella che non vorremmo svelarvi, ma che ci trascina di forza dalle risate ad un finale raccapricciante. Un colpo di frusta conclusivo in cui un mefistofelico Moretti rivela la complessità di questa pellicola, lontana dall'essere un film su Mr. B. ma semmai su quanto l'Italia sia cambiata in sua conseguenza e sulla miseria intellettuale che ci accomuna. Senza essere politico come ci s'attendeva, parla della sinistra, triste, così triste da incupire chi la vota, rendendosi colpevole come e quanto chi la dovrebbe fronteggiare (e che comunque ha già vinto, indipendentemente dalle elezioni prossime). Niente urla, proclama o pianti fragorosi, ma con equilibrio, si delinea l'ennesimo ritratto della nostra società visto da un occhio, quello di Moretti, sensibile e capace di raccogliere la quotidianità e raccontarcela.
La frase: "E' inutile fare un film sulla storia di Berlusconi perché tutti sanno già tutto e poi lui ha già vinto: ci ha cambiato la testa trent'anni fa".
Valentina Pieraccini
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