La mia vita a Garden State
Per seguire la scia del momento, ecco qui un altro attore che debutta come regista e sceneggiatore di una commedia agrodolce "La mia vita a Garden State": è il caso di Zach Braff conosciuto dal grande pubblico perché protagonista del telefilm "Scrubs".
Le premesse non sono delle più allettanti: la stella di un telefilm demenziale, con vena poetica e registica, è l'ultima trovata per spillare soldi ad un giovane e sprovveduto pubblico, o sarà l'inizio di una brillante carriera?
"La mia vita a Garden State" è la storia di Andrew Largeman (interpretato dallo stesso Braff) apatico attore da quattro soldi, schiavo degli psicofarmaci imposti da un padre-padrone (Ian Holm) sin dalla tenera età, che torna al paese natio per il funerale della madre; qui incontra, dopo un'assenza di nove anni, i vecchi amici e compagni di scuola. Cercando di fare il punto della situazione, affronterà suo padre e vivrà un amore con una strampalata ragazza (Natalie Portman).
Film a basso costo, con un cast tecnico e artistico formato per lo più da giovanissimi è un prodotto che ricorda quei film "generazionali" che raccontano l'entrata nel mondo adulto da parte di ventenni ancora confusi, il tutto attualizzando il contesto al 2000 e dando una maggiore importanza alla famiglia, anche se non intesa nel senso canonico del termine. La presa di coscienza di se stessi e il desiderio di iniziare a prendersi qualche responsabilità è un po' il filo conduttore del film, che vedrà la maturazione non solo del protagonista, ma anche di qualche amico, tra i quali Mark interpretato egregiamente da Peter Sarsgaard (Kinsey, Boy don't Cry).
Non mancano scene divertenti, l'umorismo di Braff è abbastanza surreale e lo dimostra nei dialoghi e nelle situazioni, che a volte sembrano un po' forzate ma a volte davvero tenere. Nonostante i tempi e le battute risentano dell'esperienza televisiva di questi anni, si può dire che Braff riesca a destreggiarsi sufficientemente con la macchina da presa, comunicando, anche con l'ausilio delle scenografie, gli stati d'animo e il vissuto familiare dei ragazzi, la colonna sonora e la sceneggiatura risultano curate e vissute in prima persona, cosa che non si può dire della sua performance come attore che risulta pessima. Anche per stavolta, nulla di nuovo sotto il sole, se non una commediola piacevole senza belloni di turno.
Attendiamo le prossime prove… senza troppa convinzione…

La frase: "Forse una famiglia è proprio questo, un gruppo di persone che hanno nostalgia di un posto immaginario."

Ilaria Ferri

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