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Gamer
E’ dai tempi di "La decima vittima" di Elio Petri (1965) che il cinema ipotizza un futuro in cui la televisione (o chi per lei) arriverà a programmare l’omicidio "reale" per fare salire lo share delle proprie trasmissioni. Due uomini che lottano per la vita è più che mai motivo di interesse e fiato sospeso per il pubblico. Negli ultimi tempi, complice il boom dei reality show, i soggetti cinematografici legati da questo filo conduttore si sono moltiplicati. "Gamer" terzo film della coppia di registi Neveldine/Taylor, già autori dei due adrenalinici "Crank", nasce prima di tutto da qui. La seconda grande direttiva narrativa del film viene invece direttamente dal mondo dei videogiochi, da una realtà virtuale che è sempre meno virtuale (qui si immagina il controllo non di avatar come in "Second life", ma di vere e proprie persone), seppur mantenga il concetto di controllo a distanza di una proiezione di sé.
Sono tante le scopiazzature di sceneggiatura di "Gamer" (compreso il recente "Death race", mentre sembrano solo coincidenze i punti di contatto con il contemporaneo "Il mondo dei replicanti"), ma ciò non toglie che ci si trovi di fronte ad un buon prodotto di intrattenimento che ha forse nella sua breve durata (circa 80 minuti) il suo limite maggiore. L’azione è ben girata e realistica nella sua impossibilità, la trama scontata, ma comunque capace di tenere un filo di mistero fino alla fine. Seppur si strizzi tanto l’occhio ai ritmi sintetici dei videoclip, i due registi sono bravi nel non ricercare nel semplice montaggio serrato e ossessivo la leva principale della suspanse, ma costruiscono sequenze lineari nella logica e gestione dello spazio e del sonoro (elemento importantissimo per il cinema d’azione) senza peccare di velocità. Per quanto potenzialmente ridicolo, il comando a distanza del "pilota" sul "personaggio del gioco" riesce a rimanere credibile e così si segue il tutto senza storcere la bocca. Merito comunque anche del sempre bravo Gerard Butler che picchia, corre, sanguina e spara convincentemente battute spaccone all’americana, nonostante il suo animo sia scozzese. Insomma, "Gamer" non sarà di certo un capolavoro, ma se fossimo in una sala giochi, varrebbe un paio di gettoni.
La frase: "Ben giocato, Kable!".
Andrea D'Addio
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