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Foxcatcher - Una storia americana











Inizialmente la tenuta era un paradiso in Pennsylvania destinato ad atleti di lotta libera. Un posto fantastico, esteso per oltre 1300 metri quadrati, dove allenarsi in uno sport certamente di nicchia e di conseguenza poco remunerativo per chi lo praticava. Opera del milionario John E. du Pont, dichiarato sostenitore della disciplina, il cui scopo era soddisfare il proprio ego e portare il team da lui sponsorizzato a conquistare la medaglia olimpica a Seul.
Basato su una storia vera, “Foxcatcher” riporta i fatti occorsi nel lontano 1984. Opera di Bennett Miller, conosciuto per film come “Moneyball” e “Truman Capote”, è l’adattamento cinematografico dell'autobiografia “Foxcatcher. Una storia vera di sport, sangue e follia (Foxcatcher: The True Story of My Brother's Murder, John du Pont's Madness, and the Quest for Olympic Gold)”. Cinque le nomination ai Premi Oscar 2015: miglior regista, miglior attore protagonista, miglior attore non protagonista, migliore sceneggiatura originale e miglior trucco.
Tutto è incentrato sull’amore incondizionato tra due fratelli, Mark e David Schultz, legati dalla passione per la lotta libera ed acclamati per il loro talento sportivo, ma ora sprofondati nell’ombra della comune indifferenza ed alle prese con evidenti problemi economici.
Entrambi hanno voglia di rivalsa e credono nelle parole dell’eccentrico milionario Du Pont, pronto a finanziare un gruppo di atleti ed accoglierli nella sua tenuta, dove ha attrezzato una ricca palestra. Il suo obiettivo: ottenere il riconoscimento dell’opinione pubblica e l’approvazione della anziana madre, nonostante quest’ultima continui a ritenere la lotta libera una cosa spregevole e volgare. Calandosi nei panni di un improvvisato allenatore trascinerà lo stesso Mark in una distruttiva follia fisica ed emotiva. "Mi piacerebbe fossimo a Seul... per far trasalire il mondo" esclama il magnate durante un allenamento. Contemporaneamente, pretende di essere chiamato “Aquila dorata” e definito filantropo, mentre nel suo delirio di onnipotenza abusa di cocaina e compie gesti folli (come acquistare un carro armato) per poi confidare allo stesso Mark come scoprì, all’età di 16 anni, che il suo unico amico d’infanzia era tale perché pagato dalla madre.
C’è molto di più che una inutile e complessa analisi della patologia di questo insoddisfatto milionario, come qualcuno potrebbe asserire con veemenza, in realtà una puntigliosa disamina del rapporto sociale tra ricco e povero, tra arrivista visionario e umile sognatore. Un racconto spaventosamente attento alla fragilità umana, incentrato sulla ossessione di grandezza che non sempre ha il giusto epilogo di applausi ed ovazioni. Appare decisamente amaro il finale, non inaspettato per chiunque conosca le vicende reali che hanno ispirato la biografia e di conseguenza il film, in grado di strappare dalla paralisi onirica della visione e riportare alla cruda realtà lo spettatore. Le interpretazioni di Steve Carrell, Channing Tatum e Mark Ruffalo sono credibili, sofferte ed assolutamente strazianti, nella loro disperazione inconsolabile.
In ultima analisi. “Foxcatcher” è un film possentemente scritto, diretto, interpretato. Anche questa volta appare evidente l’abilità di Miller nel dipingere ritratti complessi di persone comuni, analizzandone sentimenti e fragilità.
Rimane il dubbio, come qualsiasi trasposizione realizzata su veri accadimenti, l’attinenza con i fatti concretamente reali di questa vicenda.
A questo proposito le parole di Mark Schultz sulla pellicola che lo vede protagonista, inizialmente critiche, sono toccanti: “’Foxcatcher’ è un miracolo. Mi dispiace dover ammettere di averlo odiato profondamente. Ora lo amo.”

La frase:
"Sto andando a prendere Dave e non mi interessa quanto mi costerà".

a cura di Francesco Gottardo

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