La Duchessa di Langeais
Tratto dall'omonimo romanzo d'appendice di Balzac, "La duchessa di Langeais" segna il ritorno alla regia di uno dei padri della Nouvelle Vague, l'ormai settantanovenne Jacques Rivette.
L'amore tra un generale dell'esercito francese e una nobile parigina durante gli anni della Restaurazione. Una passione non consumata a causa delle convenzioni del tempo e dei dubbi dei due protagonisti.
Rivette segue costantemente solo colui che tra i due cerca a turno l'amore. Ricerche che non s'incontrano mai, questo è il problema. Quando è uno a insistere l'altro si nega, quando il secondo supplica un sentimento evidente il primo è ormai disilluso. Con due soli personaggi il regista mette in scena le varie fasi di un amore: contraddizioni, rabbia, abbandono, umile necessità fino all'annullamento di sé stessi. L'origine letteraria è evidente e sottolineata da didascalie spesso ininfluenti al fine della comprensione, ma utili affinché ci si ricordi la letterarietà del racconto e dei personaggi.
A differenza da quanto fatto da Girodoux per l'omonimo film di Jacques De Baroncelli del 1941, l'adattamento di Rivette segue passo passo il testo Balzac che, a suo dire "è una scrittura che gioca su elementi contraddittori generando un sistema di esplosioni contenute: lunghe frasi interrotte da incisi e sorprendenti cambiamenti di velocità". Rivette si limita a riprendere questi dialoghi così come sono, alternando camere fisse con introspettivi piani sequenza. A tal fine dà molto credito ai suoi protagonisti: da una parte il prestante Guillaume Deperdieu dall'altra la bella e ambigua Jeanne Balibar.
Un film fatto d'interni, parole soffuse e lunghi silenzi. Una regia tanto attenta al contenuto quanto ancorata ad uno stile non più rivoluzionario come un tempo era la Nouvelle Vague. Selezionato per il concorso dell'ultimo Festival di Berlino, "La duchessa di Langeais" (il cui titolo originario era"Non toccate la mannaia"così come una frase emblematica del racconto) ha riscosso un discreto successo soprattutto tra i critici più tradizionali.

La frase: "La musica, la religione e l'amore non sono aspetti della stessa realtà?"

Andrea D'Addio

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