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Dogman

La recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com

di Rosanna Donato17 maggio 2018Voto: 8.0
 

  • Foto dal film Dogman
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Marcello è un uomo solo contro tutti, deciso ad ottenere il consenso degli abitanti del suo quartiere, un luogo degradato dove a farla da padrone è Simoncino, un ex pugile che tormenta la città. Ecco i due protagonisti di “Dogman”, il nuovo film di Matteo Garrone che vede tra i suoi interpreti principali Marcello Fonte e Edoardo Pesce, rispettivamente Marcello e Simone. Il primo si occupa di sua figlia e dei cani che gli vengono affidati, e fornisce la droga al secondo, il quale non si fa alcuno scrupolo a menare le mani per ottenere ciò che vuole.

“Dogman” è un film liberamente ispirato alla vera storia del Canaro della Magliana, ma è bene dire che è molto lontano dalla realtà dei fatti che coinvolsero Pietro De Negri e l’ex pugile Giancarlo Ricci.
Matteo Garrone pone l’attenzione sull’aspetto umano della vicenda, aumentando lo stato di inquietudine e di sottomissione in cui Marcello vive attraverso un’atmosfera cupa e un’ambientazione misera e priva di qualsiasi attrattiva per lo spettatore. È proprio la combinazione tra questi elementi a dare una maggiore profondità all’opera di Garrone, insieme a una colonna sonora che, nonostante non sia centrale nella narrazione, aumenta lo stato d’angoscia che riecheggia per tutta la durata della pellicola.

A livello visivo le scene di violenza fisica non sono esageratamente aggressive, come se il regista puntasse ad altro: alla violenza psicologica della realtà vissuta da Marcello, che viene lasciato solo anche nel suo momento più eroico. Quando pensa di aver trovato il suo posto nel quartiere, infatti, si rende conto che non basta per rimediare all’errore commesso in precedenza e che il suo destino ormai è quello di rimanere solo. Una consapevolezza che emerge nella perfezione dell’inquadratura finale, che lascia un senso di amaro in bocca non da poco. Ha avuto la sua vendetta, ma a cosa è servito? Non avrà più la fiducia che il quartiere gli aveva concesso prima di fare una determinata scelta. Il problema è quando si deve decidere tra l’accettazione da parte degli altri e la tua vita, e quanto si è disposti a perdere. Perché quando si fa una scelta si perde sempre qualcosa, e per lui non c’è più via d’uscita.

“Dogman”, oltre a mostrare il lato umano della situazione, è un chiaro esempio di come fare cinema eliminando tutto ciò che è superfluo, a partire dall’uso di inquadrature incisive, in grado di rendere le scene più intense molto suggestive. Un ritmo lento caratterizza la pellicola che, grazie anche ad una fotografia nitida e composta di tonalità fredde, rende al meglio il viaggio introspettivo del protagonista. Questo, soprattutto nel momento in cui capisce che la sua vita non cambierà. Marcello Fonte e Edoardo Pesce sono perfettamente in parte, come se i due personaggi fossero stati scritti apposta per loro. Entrambi credibili e mai fuori luogo per quanto riguarda l’espressività. Ma il punto di forza dell’accoppiata è la capacità di capirsi senza dirsi nulla. Dai loro sguardi emerge tutto ciò che il regista vuole dalla loro interpretazione. Infatti, nel film i dialoghi sono minimi e diretti, senza fronzoli. Insomma, una pellicola la cui riuscita si basa prevalentemente sulle scelte di regia e sulla magistrale performance dei protagonisti. Ma a dare il colpo di grazia allo spettatore è il parallelismo tra la scena iniziale, a cui consigliamo di fare particolare attenzione, e un momento che verrà mostrato in seguito e i cui protagonisti saranno Simoncino e Marcello, il quale adotterà un comportamento simile a quello iniziale.


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