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Copia conforme
Un uomo, una donna e il paesaggio toscano, in particolare Lucignano, a fare da sfondo e da terzo protagonista.
Parla (anche) italiano il film di Abbas Kiarostami, Copia conforme, coproduzione franco/italiana/iraniana, girato interamente in Toscana, in provincia di Arezzo, nei comuni di Lucignano, Cortona e nella campagna della Valdichiana, con fotografia di Luca Bigazzi e molte maestranze tricolori.
Kiarostami fa la sua prima trasferta cinematografica (a parte l’episodio del film Tickets del 2005) e dall’Iran arriva in Italia, mantenendo intatti i suoi temi (e tempi), come lo stesso regista ha dichiarato a Cannes, durante l’incontro stampa.
Uno scrittore inglese è impegnato in un tour promozionale per presentare il suo libro, che tratta dell’originale e della copia nell’arte. In Toscana, durante uno di questi appuntamenti, incontra una donna, una gallerista di origine francese che si è stabilita in Italia. Con la donna, che ha un figlio che cresce da sola e un marito sempre assente, inizia un peregrinare di poche ore fatto di dialoghi e comunanza di interessi, finché - complice un equivoco - i due giocano a essere marito e moglie. Dov’è la realtà, dove la finzione?
Abbas Kiarostami torna sul luogo del delitto, a uno dei suoi temi più cari, il vero e il falso, colto e tramandato attraverso l’occhio di chi guarda, del cineasta, dello spettatore che è chiamato in causa per prendere una sua posizione. Si pensi a Shirin, film mai uscito nelle sale e presentato alla Mostra di Venezia del 2008, in cui lo svolgersi è tutto attraverso lo sguardo del cineasta/spettatore che passa in rassegna 114 volti (tra cui quello di Juliette Binoche) impegnati a seguire uno spettacolo invisibile agli altri.
Qui la partenza è il mondo dell’arte, la giustificabilità della copia rispetto all’originale, il valore che è conferito forse solo dallo sguardo che osserva, ma il discorso si fa poi intimo, nel gioco (?) di un uomo e una donna che fingono anni di unione. Kiarostami fa percorrere alla coppia il viaggio di ogni coppia, dal primo innamoramento al suo consolidarsi, fino alle prime crepe. Dalla finzione alla realtà: da ciò che si vuole vedere (nell’innamoramento) a ciò che (forse) è davvero (o che invece fingiamo, per comodo, per pigrizia, di non vedere più). Non solo: ciò che tocca profondamente lo spettatore, grazie alle interpretazioni dei due attori, la Binoche e William Shimell, è la differenza nel bisogno di amore tra i sessi: l’assenza maschile, il suo ergersi noncurante oltre il particolare quotidiano e l’attenzione al dettaglio tutta femminile, il suo bisogno di cura da offrire e ricevere. Ma non è finita: anche la creazione differente dell’amore nei due sessi, dove ognuno vede e immagina ciò che desidera, in una sconsolata mancanza nei confronti della realtà dell’altro.
Film malinconico, sulla volatilità dei sentimenti, in cui Kiarostami cede un po’ troppo alla forma (bellissima) e alla teoria “geometrica” dei sentimenti: ma va benissimo così.
La frase: "Il problema è che tu non mi vedi. Mentre io mi accorgo subito perfino se hai cambiato profumo".
Donata Ferrario
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