Contagion
Matt Damon è un uomo shockato e afflitto per l’improvvisa morte della moglie Gwyneth Paltrow, appena tornata a Minneapolis dopo un viaggio d’affari a Hong Kong; Kate Winslet è una coraggiosa dottoressa incaricata da Laurence Fishburne, vice direttore del Centro USA per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie, di valutare tutti i rischi possibili del pericoloso virus che pare stia colpendo anche altre località terrestri, mentre una collega dell’OMS con le fattezze di Marion Cotillard lavora duramente per arrivare alla soluzione di una crescente ondata di sospetti che circonda un potenziale vaccino.
Tra colonna sonora alla John Carpenter e titoli di testa che poco si distaccano da quelli che aprono molti prodotti ad alta tensione da prima serata televisiva, come in alcuni film di George A. Romero non manca neppure un evidente attacco alla mala informazione diffusa dai grossi media – incarnato da un blogger attivista interpretato da Jude Law – nella pellicola di Steven Soderbergh, regista di "Ocean’s eleven" (2001) e seguiti, che sembra riallacciarsi a un filone tanto caro alla cinematografia di genere degli anni Settanta: quello dell’epidemia.
Del resto, l’impressione immediata è quasi quella di assistere ad una sorta di derivazione de "La città verrà distrutta all’alba" (1973) privata, però, delle tipiche implicazioni aggressivo-zombesche care al citato re dei morti viventi su celluloide.
Ed è soprattutto tramite il veloce montaggio del fido Stephen Mirrione che si tenta di coinvolgere lo spettatore all’interno della realistica dimensione da incubo in cui si trova il manipolo di protagonisti, man mano che il numero delle vittime aumenta e la società provvede ad andare rapidamente alla deriva.
Ma, al di là dell’ottimo gioco d’inquadrature finali, i circa 105 minuti di visione – che non sembrano riuscire sempre a sfuggire alla morsa della fiacchezza – non fanno altro che riconfermare l’esito di quasi tutti i titoli sfornati dal sopravvalutato autore di "Traffic" (2000) quando lavora lontano dai canoni indipendenti alla "Bubble" (2005): un’operazione esteticamente curata e sostenuta dal cast all star, però... guardabile e niente più.
La frase:
- "Mai visto qualcosa di simile?"
- "No, e sta ancora mutando".
a cura di Francesco Lomuscio
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