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Il punto di partenza è un malore che colpisce la veterana Mary-Louise Parker nei panni della madre del piuttosto sfigato sedicenne Rick Stevens, ovvero il Nat Wolff di “Colpa delle stelle” (2014), del quale, attraverso un lungo flashback, seguiamo gli imprevisti che incontra nel tentativo di conquistare il cuore di Nina Pennington alias Selena Gomez, la ragazza più bella della scuola.
Lungo flashback che, coinvolgendo anche i suggerimenti di Santa Lola (sempre la già citata Parker), patrona dei teen-ager, provvede a mostrarcelo impegnato ad intrattenersi sessualmente con la focosa madre del suo migliore amico, cui concede anima e corpo la candidata al premio Oscar Elisabeth Shue, e, addirittura, costretto a fingersi boss mafioso.
Del resto, sotto la regia del Tim Garrick sceneggiatore del thriller “Stranger than fiction-Incubo senza fine” (2000), qui esordiente dietro la macchina da presa, man mano che troviamo in scena anche il Gary Busey di “Point break-Punto di rottura” (1991) nel ruolo di un poliziotto e la Heather Graham di “Una notte da leoni” (2009) in quelli di un sexy avvocato, non sono guai con la giustizia a risultare assenti per il protagonista.
Anche perché, tra le sue conoscenze, figura il tutt’altro che raccomandabile Jimmy Leach incarnato da Dylan McDermott, destinato a movimentargli non poco un’esistenza che non si rivela priva di più o meno grotteschi impatti con droghe e spogliarelliste.
Nel corso della visione, però, al di là di qualche divertente (e rara) gag come quella da barzelletta sporcacciona che tira in ballo, in un confessionale, un Jason Lee in abito talare, non si fatica ad intuire una certa fiacchezza generale tendente ad attanagliare uno script – a firma dello stesso regista insieme al fido Scott Russell – decisamente povero di idee.
Tanto da far apparire del tutto sprecato il ricco cast all’interno di un’operazione che, nonostante un avvio convincente, l’abbondanza di azione ed una nutrita colonna sonora spaziante da “Close to me” dei Cure a “Bad reputation” di Joan Jett and theBlackhearts, scade in non poche occasioni nella noia nell’alternare immancabili spruzzate di buoni sentimenti a turpiloquio più stucchevole del solito.

La frase:
"Questo mi ricorda un sacco di porno tedeschi che ho scaricato".

a cura di Francesco Lomuscio

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