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Come una crisalide
A partire dalla didascalia di apertura, dichiaratamente tratta da "Tenebre" (1982), il primo lungometraggio di Luigi Pastore, sceneggiato e prodotto dallo stesso insieme all’Antonio Tentori cui dobbiamo, tra gli altri, gli script di "Ritorno dalla morte" (1991) di Aristide Massaccesi e "I tre volti del terrore" (2004) di Sergio Stivaletti, si lascia subito interpretare quale evidente omaggio – girato in digitale e a bass(issim)o costo – al maestro dell’italian thrilling Dario Argento.
Non a caso, con i mai disprezzabili effetti splatter del già citato Stivaletti, storico collaboratore dell’autore del grande Dario come pure il musicista Claudio Simonetti, che si cimenta qui insieme ai Daemonia in un’esibizione con sanguinoso omicidio annesso, è chiaro fin dai primi fotogrammi che l’esile plot non funga altro che da pretesto per poter inscenare una lunga serie di uccisioni atte a citare le migliori sequenze realizzate dall’autore di "Profondo rosso" (1975), riprendendone l’uso delle soggettive e il taglio delle inquadrature (con "Tenebre" a fare proprio da titolo più saccheggiato).
Esile plot che, tra un duplice delitto durante la copula e altri cadaveri sparsi nelle varie situazioni di morte comunque ben girate, sembra lasciar individuare tra le immagini un certo messaggio critico nei confronti di una società la cui violenza potrebbe discendere da un onnipresente sesso che ha finito per occultarne l’amore e, di conseguenza, la poesia.
E sono le non disprezzabili musiche di Simone Pastore e Arturo Vicinanza, in arte Artvision, a fare da commento ai circa 78 minuti di visione che, esclusivamente destinati agli argentiani irriducibili, sembrano quasi ricordare, come tipologia dell’operazione, "Un gatto nel cervello" (1990) di Lucio Fulci, tra i cui sceneggiatori c’era proprio Tentori.
Con l’unica differenza che, per merito anche del veloce montaggio e di un’indispensabile pizzico d’ironia, qui ci si diverte spesso e non ci si annoia mai. Sempre se siete capaci di stare al gioco e di rendervi consapevoli del fatto che non siamo dinanzi al tipico prodotto da major destinato alle sale cinematografiche.
La frase: "Il mostro muore e tutti possono tornare tranquilli alle loro case, ma i mostri ci saranno sempre".
Francesco Lomuscio
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