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Clean
Dopo esser stato per anni fido collaboratore di uno degli ultimi cineasti della Nouvelle vague Andrè Techinè, e aver scritto negli anni ottanta per i famosi Cahiers du cinema, Olivier Assayas ha cercato di diventare anche lui "autore". Dopo ben nove lungometraggi alternando alti e bassi, il percorso sembra esser giunto a destinazione. Clean, presentato al festival di Cannes del 2004, e recitato dalla moglie Maggie Cheung (che per questo ruolo ha vinto il premio per la miglior interpretazione femminile alla Croisette) è infatti una pellicola valida, che ben si discosta da qualsiasi fraintendimento con il genere "mattonata" seppur provenienza (Francia) e trama (di cui mi appresto a dare ora qualche accenno) così lascerebbero presupporre.
Lee, famoso cantante degli anni 80, è ormai sulla via del tramonto artistico. Per gli addetti ai lavori la colpa sembra sia di sua moglie Emily un'ex donna dello spettacolo che sposatasi con Lee e da lui avuto un figlio, decise anche di fargli da agente. Drogati entrambi, con un figlio di pochi anni che vive in Canada dai nonni di lui, la loro esistenza sembra ormai avviata verso l'autodistruzione. Succede però che Lee muoia per overdose e Emily si trovi dietro le sbarre. Uscita dalla galera, se vorrà rivedere il figlio dovrà decidere di dare un taglio al passato. Clean significa pulita, e così dovrà ripresentarsi agli occhi dei suoceri.
Seppur sia un film drammatico nel vero senso della parola, Clean scorre via senza pesantezza grazie ad un montaggio veloce ed accurato e ad un'inquadratura sempre instabile ricca di primi piani, ma mai didascalica (bellissima la scena della notte di Emily in macchina, con un'eplosione in lontananza che metaforicamente anticipa il nuovo rapporto che ci sarà tra la protagonista e la droga).
Assayas non infierisce sui suoi personaggi, ma li rende liberi di scegliersi il proprio destino, e se le critiche suggerite dalla critica a Cannes parlano di un eccessivo buonismo, significa che per taluni realismo è sinonimo di pessimismo.
Maggie Cheung dopo i recenti successi di Hero e 2046, si conferma attrice di straordinaria presenza e polivalenza (nella versione originale del film parla fluentemente tre lingue). Il ritrovato Nick Nolte ( a quando un nuovo film da protagonista?) si adatta con rigore nelle vesti di un suocero ricco di buon senso (forse anche troppo per un uomo vero).
Vale la visione.
La frase: "Perché fare figli se poi li devi abbandonare?"
Andrea D'Addio
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