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La fabbrica di cioccolato
Ancora una volta, e' una favola d'autore.
Una favola dalla moralita' molto ridotta (o semplicistica), ma da sempre sappiamo che il Cinema di Tim Burton non ha mai avuto come punto di forza la sua etica o semiotica, bensi' una cura personale della propria estetica, ormai definitivamente "Burtoniana".
E' l'elemento extra-cinematografico del gotico, che questa volta, piu' che mai, si unisce con l'espressionismo Tedesco nel ricreare fondali storti e linee aggressive (superato solo da Sleepy Hollow per l'uso delle ombre).
Sostenuto da una messa in scena chiara e semplice, Burton sa dare potenza alla propria estetica, alla sua caratterizzazione di questi due mondi opposti cosi' come si riveleranno opposti i suoi abitanti: la catapecchia di Charlie, goticamente decadente , avvolto dall'oscurita', e la fabbrica di cioccolato di Willy Wonka, coloratissimo (ricordate i pastelli di Edward mani di forbice?), apparentemente allegro e vitale.
Charlie e la fabbrica di cioccolato e' anche il film piu' teatrale di Burton, non solo perche' e' come se fosse ambientato in un grande teatro trasformatosi in parco giochi, ma soprattutto per le numerose scene musicali, che gestite dal regista in una coreografia brillante, offre agli spettatori quel richiamo del pop anni 50' e 60' (non e' un caso se i Beatles verranno omaggiati).
Ormai, vedere un'opera di un autore come Tim Burton non e' piu' il visitare un'opera unica, bensi' quello di (ri)visitare una filmografia intera.
Sono elementi ricorrenti, topoi del Cinema Burtoniano che arrivano puntualmente a stimolare i ricordi dei cinefili amanti di questo regista, come per esempio quella neve dei titoli di testa, cosi' noir e cosi' favolisticamente triste che ci rimanda a Edward mani di forbice, l'altra creatura del regista, colui che ha creato la neve.
Ed in fondo Willy Wonka non e' che un altro Edward, creatura esteticamente androgina che possiede un dono speciale che gli altri non hanno, ma proprio per questo un personaggio alienato, senza amici e solo come un cane; e guardacaso, a dare volto ad entrambi i personaggi e' quel Johnny Depp, che insieme a Burton diventa piu' trasformista e versatile che mai.
Charlie e la fabbrica di cioccolato e' insieme un punto di riepilogo di tutto cio' che di Burtoniano e' stato fatto ieri, ma anche uno sguardo al Burton del domani, alle nuove possibili strade da percorrere e da affrontare (avremo presto un Burton musical?)
E' un'opera(zione) d'intermezzo, cio' che segna sia un punto di arrivo che un punto di partenza.
La frase:
"Cosa ti fa sentire meglio quando ti senti giu'?"
"La mia famiglia"
Pierre Hombrebueno
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