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Ce n'è per tutti
Quello che rende "Ce n’è per tutti" davvero degno di nota è la peculiarità produttiva di questo progetto. "Ce n’è per tutti" nasce come lavoro teatrale e lentamente si sviluppa come film indipendente per approdare nel porto sicuro di Medusa, uscendo nelle sale con un budget e una potenzialità di penetrazione nel mercato davvero incredibile rispetto alle premesse. La vicenda ruota intorno a Gianluca, un giovane che una mattina si arrampica sul Colosseo, forse per esprimere un disagio, forse per cercare una visuale differente, forse per un eccesso di sensibilità. Il Colosseo diventa il punto focale di un movimento centripeto che trascina tutti i personaggi di questa pellicola corale (elemento tipico del cinema italiano verrebbe da dire). "Ce n’è per tutti" vorrebbe spingere gli spettatori a porsi delle domande sullo stato della società italiana d’oggi, ma per farlo usa gli strumenti sbagliati. Anche se non sta scritto da nessuna parte che sia necessario un approccio naturalistico per la definizione dei personaggi, in questo film si può riscontrare una caricaturizzazione eccessiva, che sfocia nel grottesco. Impossibile sentirsi in sintonia con il rapporto nevrotico delle due infermiere "gemelle diverse", o per l’attrice teatrale da pub o anche per lo stesso protagonista, di cui sappiamo soltanto che scriveva poesie, si difendeva nei colloqui di lavoro e che veniva da un ambiente familiare oppressivo. Tale caratterizzazione fa venire meno il necessario corto circuito che si dovrebbe instaurare tra schermo e spettatore, unico sistema per favorire un’identificazione che qui invece manca. Mentre la parte di scrittura è troppo ancorata alla stesura teatrale, lo stesso non si può dire della regia, pienamente cinematografica e che, anzi, si sforza di fare un lavoro di ricerca tutt’altro che scontato nel panorama italiano. Ciò nonostante "Ce n’è per tutti" resta un prodotto autoreferenziale, asservito a una logica così interna che alla fine sembra che nonostante i proclami non ce ne sia per nessuno.
La frase: "Ormai sei borghese, come tutti. E’ un genocidio culturale".
Mauro Corso
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