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Callas Forever
Tra i numerosi progetti che avrebbe voluto portare sullo schermo, c'era anche un film sul Rinascimento a Firenze e l'interpretazione epica dell'Inferno per una mini-serie televisiva. Pungolato per oltre vent'anni dai produttori americani per realizzare un film sulla celebre cantante lirica, Franco Zeffirelli ha ceduto solo adesso, davanti ad una sceneggiatura che ne romanza (e quindi inventa) un episodio della sua vita. Ma raccontare la storia di una donna che si è ritirata dal mondo, sola e senza più la sua voce magnifica che la rese divina, dev'essere sembrato poca cosa per il grande schermo e per un pubblico che forse della Callas non sa molto, tanto da spingere il regista fiorentino ad inventare di sana pianta il ritorno della cantante sul palco poco tempo prima di morire. Un modo per restare alla larga dalla biografia, come ha ammesso lo stesso Zeffirelli, ed evitare di cadere nel gossip e nei dettagli meno edificanti di una donna che soffrì molto per amore e che ebbe solamente la sua voce come compagna di viaggio. Ma caratteristica dell'invenzione è soprattutto quella di non avere freni e rischiare ad ogni istante di cadere nel kitsch e nel dilettantismo.
Il regista così concepisce un racconto biografico nutrendolo di alcuni elementi autobiografici e aggiungendo alla storia della "fantomatica" realizzazione della Carmen per lo schermo, quella dell'impresario Larry Kelly, amico intimo della soprano, annoiato dagli artisti mediocri che è costretto a seguire e spesso alle prese con i suoi giovani amanti. Lo zeffirelliano patto alla Faust permette da una parte il ritorno sulle scene della protagonista per raccogliere nuovi successi, dall'altra assicura al regista la scusa per infilare una volta ancora il teatro nel suo cinema.
Il risultato è un' operazione commerciale inutile quando non addirittura imbarazzante, in cui Fanny Ardant nei panni della Callas sembra più fare il verso alla "divina" che interpretarla, imitandone teatralmente i gesti e le posture nel goffo tentativo di illustrare il dramma di un'artista alla fine della sua carriera. Impossibile pensare che il pubblico di giovani che non ha avuto la fortuna di vedere la soprano cantare in teatro, e forse neppure l'occasione di ascoltare la sua voce registrata, possa davvero apprezzare un opera così mediocre.
Unico aspetto interessante è la colonna sonora, ovviamente costruita attraverso le numerose e magnifiche interpretazioni di Maria Callas: ma la sola condizione per goderne è restare per le quasi due ore del film ad occhi chiusi, cercando di non rovinare con le immagini tanta meraviglia.
Valeria Chiari
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