Jimmy Bobo – Bullet to the Head
A partire dal titolo, che richiama inevitabilmente alla memoria quello di “Bullet in the head” (1990) di John Woo, è per alcuni aspetti intuibile una certa influenza dagli action-movie di Hong Kong all’interno del lungometraggio che segna il ritorno al cinema per Walter Hill, autore di classici del movimento su pellicola quali “I guerrieri della notte” (1979) e “48 ore” (1982), assente dal grande schermo dai tempi di “Undisputed” (2002).
Del resto, pur prendendo l’insieme le mosse dal romanzo grafico di Matz “Du plomb dans la tệte”, non solo il poliziotto protagonista è un coreano con le fattezze del Sung Kang proveniente dalla serie “Fast & furious”, ma, come spesso accade nei prodotti di celluloide rientranti nel citato filone dagli occhi a mandorla, finisce per allearsi a un killer di professione, in quanto entrambi interessati a catturare l’assassino dei loro rispettivi partner.
Ed è Sylvester Stallone a incarnare splendidamente il “collega” dal grilletto facile che, a differenza sua, appartenente alla moderna generazione ultra-tecnologica lavorante tramite internet e i-phone, si mostra del tutto propenso alle care vecchie maniere forti, sempre efficaci.
Perché, con l’imponente Jason Momoa di “Conan the barbarian” (2011) e un ritrovato Christian Slater a figurare tra i cattivi di turno, è proprio un certo confronto tra la scuola del buddy movie degli anni Ottanta – di cui Hill è stato uno dei fautori – e il moderno cinema poliziesco hollywoodiano a emergere in maniera più o meno allegorica tra le immagini.
Una scuola che non sembra essere destinata a tramontare, come dimostrano i circa novantadue movimentati minuti di visione ritmati a dovere; capaci di costruirsi non solo attraverso le violente situazioni presenti già a partire dai titoli di testa, ma anche sull’ironia emergente dai diversi battibecchi tra Kang e Stallone che, oltretutto, scopriamo avere una figlia interpretata dalla televisiva Sarah Shahi.
Merito in particolar modo degli azzeccatissimi dialoghi sfornati dalla sceneggiatura a firma dell’italiano candidato all’Oscar Alessandro Camon; i quali, oltre a ribadire in maniera grottesca che non bisogna mai fidarsi degli uomini non interessati ai soldi, impreziosiscono ulteriormente una tanto avvincente quanto divertente operazione che, in mano ad altri, si sarebbe potuta rivelare un banale omaggio al genere che ci regalò “Arma letale” (1987) e “Tango & Cash” (1989).
Bentornato dietro la macchina da presa Mr. “48 ore”!
La frase:
- "Riflessi niente male per un anziano"
- "Te lo do io l’anziano".
a cura di Francesco Lomuscio
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