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Borat - Studio Culturale sull’America a beneficio della gloriosa nazione del Kazakistan
Il comico inglese di origini ebraiche Sacha Baron Cohen riprende il reporter del Kazachstan già protagonista di molti sketch nel suo "Da Ali G show" per costruire una narrativa coerente intorno a questa figura fanciullesca, sboccata e molto scorretta politicamente. Così vediamo Borat intraprendere un viaggio verso gli Stati Uniti a seguito di un finanziamento del suo Ministero degli esteri per conoscere la cultura del più grande paese del mondo. Il suo viaggio prende una brusca deviazione nel momento in cui il baffuto kazako si innamora perdutamente di Pamela Anderson, mettendosi in testa di sposarla.
Il film di Cohen (diretto da Larry Charles, già regista di serie televisive come Seinfeld e Curb your enthusiasm) riprende grosso modo la struttura delle gag televisive. Borat si spaccia come autore di reportage per il suo paese, giustificando così la presenza della telecamera, svolgendo una funzione di smascheramento delle convenzioni statunitensi e di un politically correct fittizio che nasconde i germi di un razzismo sempre presente. Borat si finge antisemita, misogino ed omofobo per provocare reazioni genuine da parte dei suoi inconsapevoli bersagli. Genuine quanto imbarazzanti. Così domandando ad un negoziante di armi al dettaglio quale sia l'arma più adatta per uccidere un ebreo il commesso risponde imbarazzato "bah, direi una nove millimetri o una calibro quarantacinque!". Altro momento forse addirittura pericoloso è quello in cui Borat canta un inno kazako completamente di fantasia sull'inno statunitense... in Texas, correndo il rischio di essere linciato. Nel suo sistema linguistico Borat usa inoltre una lingua molto lontana dal kazako o dal russo, seconda lingua ufficiale di questa nazione. All'inizio dei collegamenti usa parole polacche storpiate, come "Chenquye" per dire "Grazie" o i corrispondenti di "Buongiorno" e "Come stai". Molte scritte in cirillico sembrano parole messe a caso, ma in realtà corrispondono a un codice. Una delle scritte opportunamente decodificate recita "L'ebreo Borat in America" (Gid Borat v Amerike). Anche nella colonna sonora notiamo simili contaminazioni, ad esempio nell'uso della canzone "Erdelegi" di Goran Bregovic.
Anche se l'inizio è fulminante, fatto di battute e situazioni irresistibili, come per molte altre pellicole nate da spunti televisivi, Borat non riesce a mantenere il ritmo per tutta la durata del film. Anche se indubbiamente vi sono dei significati di natura politica o sociale probabilmente non vale la pena di scavare troppo la superficie alla ricerca di chissà quale spaccato della società statunitense. Comunque un film godibile e spregiudicato, che non mancherà di fare irritare nuovamente il governo kazako, che nel 2005 aveva sospeso il sito internet: www.borat.kz.
La curiosità: Le scene ambientate in Kazachstan sono ambientate in Romania.
La frase: "Sosteniamo la vostra guerra di terrore!".
Mauro Corso
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