Disperato Aprile

È tempo di vendette e la camicia insanguinata ed esposta al sole segnerà il momento dell'azione. La faida tra le due famiglie va avanti da anni ormai, e la terza generazione è ormai ridotta a pochi elementi, destinati anch'essi alla vendetta.
Walter Salles ambienta la storia di violenza e di speranza dell'omonimo romanzo di Ismail Kadaré nella regione più aspra e deserta del Brasile. Una zona fatta solo di terra e polvere, bruciata da un sole impietoso, dal quale non ci si riesce a riparare e che squaglia la mente e le forze. La famiglia Breves vive lì, in mezzo al nulla: lavora dalla mattina alla sera per preparare pani di melassa, una quotidianità di fatica regolata dalle leggi del padre che sacrifica alla crudeltà della faida tutti i suoi figli.
Ma a sconvolgere quell'ordine spietato delle cose sarà il figlio più giovane, Pacu. I suoi sogni ad occhi aperti e la favola che racconta a se stesso e a Tonio, ispirata al libro che una giovane artista di circo di passaggio gli ha regalato, aiuterà il fratello a desiderare di vedere il mondo oltre il cancello della sua casa, e popolare quel nulla persino con l'amore per una donna.

Salles costruisce una storia drammatica di altissima intensità, attraverso uno studio delle immagini e del colore attento eppure naturale. La crudeltà del mondo di Tonio e di Pacu non è soltanto definito dai drammatici omicidi o dalle camicie sventolanti al sole in attesa che il rosso del sangue si trasformi in giallo: c'è anche la durezza di un cielo privo di nuvole, la cui brillantezza accecante si scontra con l'aridità della terra; un orizzonte infinito che non vuole lasciare spazio alla speranza di cambiamento; e un mulino rotante che ricorda ferocemente la ripetitività ossessiva di una vita senza illusioni.
Una storia tragicamente universale eppure ricca di speranza e di innocenza, in cui si sviluppa uno straordinario rapporto tra fratelli, in cui è il più giovane a sacrificarsi per la felicità del più grande. Il regista brasiliano racconta una storia reale attraverso una narrazione quasi fiabesca, in cui ogni elemento ha un valore tanto simbolico quanto autentico, sebbene la musica enfatizzi l'immane solitudine dei personaggi, e le immagini raccontino un paesaggio che forse non esiste più.

Valeria Chiari

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