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A cavallo della tigre
Dopo il poco successo de "La lingua del santo", Carlo Mazzacurati torna al passato e si ispira ad un Monicelli d'annata, affidandosi una volta ancora alla interpretazione di Fabrizio Bentivoglio. Ma sebbene gli elementi del puzzle ci siano tutti, i pezzi non si incastrano così bene e l'esperimento è decisamente deludente.
La storia dello sfortunato Guido, quarantenne simpatico ma sbruffone che decide di fare una rapina con la collaborazione della sua fidanzata, ballerina televisiva per finire poi immediatamente in galera, non strappa né una lacrima né un sorriso. E neppure le vicissitudini che lo vedono coinvolto nella fuga di due ergastolani a pochi giorni dalla agognata libertà. Le surreali avventure tra Milano e Genova del protagonista e del suo compagno turco Hamid per raggiungere una fidanzata che ha trovato rapidamente come consolarsi, suscitano solo tiepide emozioni.
Si tratta poi del racconto di persone semplici che cercano di barcamenarsi con la vita che li tradisce continuamente deludendo sistematicamente ogni impeto vitale. Ma la commedia amara di Monicelli, grottesco racconto di un uomo incapace di vivere nella società contemporanea reso più tragico dall'interpretazione trasognata e malinconica di Nino Manfredi, nella versione di Mazzacurati perde il suo carattere di denuncia, trasformandosi in una cronaca piuttosto piatta e noiosa di un uomo disgraziato.
Bentivoglio fa il suo lavoro senza lasciarsi troppo trascinare dall'interiore coinvolgimento che ci si aspetta da un interprete, mentre Paola Cortellesi esegue il proprio lavoro d'attrice con abnegazione non riuscendo però, neppure in questa occasione, a conquistarsi la palma della recitazione.
Valeria Chiari
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