Zona d'ombra - Una scomoda verità
Basato sull'articolo "Game Brain" scritto da Jeanne Marie Laskas pubblicato da GQ, scritto e diretto da Peter Landesman regista e sceneggiatore e in precedenza giornalista investigativo e corrispondente di guerra. Lo ricordiamo per la direzione di “Parkland” (2012) che ricostruisce i momenti successivi dell'assassino del Presidente Kennedy, e come sceneggiatore de “La Regola del gioco” che raccontava la vera storia del giornalista Gary Webb, la cui reputazione fu distrutta dal governo USA, nonostante avesse dimostrato la complicità della CIA nel traffico di cocaina negli Stati Uniti e nell’introduzione del crack a Los Angeles negli anni‘80.
Naturale a questo punto la scelta di questa storia che, attraverso Will Smith, racconta la vera vicenda del dottor Bennet Ifeakandu Omalu, un brillante neuropatologo, immigrato dalla Nigeria, che esaminando nel 2002 il corpo del ex-campione di Football Mike Webster (interpretato da David Morse) dei Pittsburgh Steelers, scopre che quello che all'inizio aveva portato il campione ad abuso di droghe, depressione e a vivere in miseria non era dovuto ad un precoce Alzheimer o una specie di demenze pugilistica, ma ad una vera propria serie di traumi che il cervello aveva subito a causa della lunga carriera sportiva per un sport di contatto fisico. La encefalopatia traumatica cronica o CTE viene dimostrata dal brillante medico che ingaggia una battaglia contro la potente lobby della NFL (National Football League) per cercare di fare emergere la verità e aiutare gli ex giocatori e non solo.
La premessa del film è decisamente nobile, per una storia sicuramente sconosciuta al pubblico italiano, per fare un paragone immaginate un Totti che si ritira, impazzisce e muore, o un Buffon che picchia moglie e figli e si droga senza limiti senza una precisa causa. A parte l'agiografica spiegazione per un problema attualmente ancora irrisolto ( la NFL al momento attuale non ha ancora del tutto riconosciuto il problema e molti altri ex-giocatori sono morti dal 2002 in poi o soffrono gravemente per questa malattia), “Zona d'ombra - Una scomoda verità” ci mostra la lotta del Davide, oltremodo non ancora cittadino americano al 100%, contro il Golia di una delle industrie di intrattenimento più potenti negli Stati Uniti. Tuttavia la scelta del regista contiene troppa retorica nella sua sceneggiatura, il medico eroe che affronta senza paura i cattivi della NFL, con precisi riferimenti per uno sport da noi poco conosciuto, non possono assolutamente coinvolgere lo spettatore italiano che alla fine vede scorrere una serie di grigie immagini per oltre due ore con una interpretazione sommessa di Smith nonostante sia coadiuvato da un ottimo cast. Per citare uno dei più famosi: Alec Baldwin nei panni del dottore Julian Bales, colui che seguiva i giocatori dei Pittsburgh Steelers, li curava, drogava per cercare di mandarli sempre in campo e sente il peso della responsabilità.
Il risultato complessivo della pellicola è troppo inespressivo con dialoghi e frasi ad effetto troppo scontate, il mostrarci come i gladiatori della NFL, in particolare i campioni con la carriera più lunga impegnati nei ruoli di attacco e difesa (quelli di maggior contatto fisico), siano inevitabilmente condannati ad una terribile malattia degenerativa, è dipinta come inevitabile, un panem et circenses necessario per intrattenere il grande pubblico americano.
Probabilmente un'occasione mancata per il regista di essere maggiormente incisivo, per un film che ritroveremo citato, come tanti altri di impegno sociale, quando un'altro famoso ex-campione di football soccomberà per questa terribile malattia.
La frase:
"Non l’ho fatto per me, ma per i giocatori".
a cura di Roberto Leofrigio
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