X-FILES Voglio crederci
Sono passati solo sei anni dalla fine della serie di X-Files sul piccolo schermo, eppure televisivamente sembra trascorso un secolo. Se si esclude la "folle" anomalia di "Twin Peaks X-Files" è stato uno dei punti di passaggio – certamente tra i più importanti – tra il concetto di serie tradizionale, per cui ogni puntata era un’entità autosufficiente, e il concetto di serie moderna, per il cui punto di riferimento non è più il singolo episodio, ma l’intera stagione.
Emblematico, da questo punto di vista, era stato il primo film di X-Files, narrativamente incastonato nella serie televisiva e per questo incomprensibile senza una frequentazione abituale della serie e del cosiddetto "filone alieno".

Per questo secondo lungometraggio, il creatore della serie Chris Carter ha compiuto una scelta allo stesso tempo coraggiosa e azzardata: ha cioè tralasciato il filone alieno per presentare una storia quasi del tutto autoconclusiva. Gli attori (e, di riflesso, i personaggi) hanno più anni sulle spalle: Duchovny è meno agile e ha qualche ruga in più, mentre la Anderson è più magra, con lineamenti più appuntiti e affilati. La relazione tra Mulder e Scully procede su binari consolidati e quindi si muove sui binari di un’attrazione rarefatta, in ossequio alle vecchie serie di una volta in cui la tensione sessuale ed emotiva era appena accennata. Argomento principe di "Voglio crederci" è il rapporto tra fede e scienza e l’apparente antiteticità dei due sistemi (altro grande classico immediatamente riconoscibile dai fan). Sullo sfondo di questi elementi dominanti, un caso di misteriose sparizioni.

Quello che Carter ha voluto riportare sullo schermo è quindi la "puntata classica" di X-Files, con gli ingredienti che l’hanno resa riconoscibile nel tempo e che ne hanno caratterizzato l’atmosfera cupa e inquietante. Però dopo tanti anni e tante evoluzioni nella narrazione di tipo seriale (tralasciando il discorso del diverso formato temporale tra puntata di 40’ e lungometraggio di 104’) questo nuovo progetto di X-Files inizia a sentire tutta la stanchezza dell’età ormai avanzata. "Voglio crederci" è piuttosto convenzionale nella costruzione dell’intreccio e della tensione. Quindi il piacere dei fans di rivedere i propri beniamini è in realtà molto ridotto da una vicenda che si trascina stancamente e avara di brividi sia nella cura delle inquadrature che nell’avanzamento della trama. Se poi uno degli intenti dichiarati di Carte era quello di attirare le nuove generazioni che erano troppo piccole ai tempi della messa in onda della serie, bisogna constatare che ci sono davvero poche ragioni perché un ventenne di adesso si interessi all’intera serie dopo aver visto questo film. Classica mancata.

La frase:
- "Se vuoi ho un piccolo rimedio"
- "E’ troppo piccolo per interessarmi".

Mauro Corso

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