I padroni della notte
Dopo aver lavorato assieme nel 2000 nel thriller "The Yards", Mark Wahlberg e Joacquin Phoenix sono rimasti così ben impressionati dalle qualità del regista James Gray, che hanno deciso di produrre e mettere a disposizione i propri volti per il suo film successivo, per l’appunto “I padroni della notte”.
Due fratelli quanto mai diversi: uno (Wahlberg) ha seguito le orme del papà (Robert Duvall) entrando in polizia e diventando un agente modello, l’altro (Phoenix) è diventato un libertino gestore di un night club tra i più trendy della scena newyorkese. Le loro strade si incrociano: i proprietari del locale gestito da Phoenix sono indagati come i responsabili di uno smercio di droga su cui sta investigando Wahlberg.
Dopo una mezz’ora di premesse in cui ben vengono presentati i personaggi e il loro background, il film scritto e diretto da Gray comincia quello che potremmo definire un vero pamphlet del poliziesco.
Molti dei capisaldi narrativi del genere vengono infatti affrontati da una storia che continuamente spiazza lo spettatore. Dal conflitto familiare alla protezione testimoni, dall’infiltrato al regolamento dei conti, dalla crisi di coscienza al tradimento: gli equilibri interni si rimescolano senza soluzione di sosta. E se la sceneggiatura è quindi apprezzabile per come decide di non adagiarsi su di un’unica idea, ma di lanciare sempre il sasso un pò più in là, altrettanto è abile la regia (e la fotografia) che regala bellissime sequenze di vita notturna al ritmo di discomusic e un inseguimento in macchina dall’estremo realismo che ricorda molto il William Friedkin di “Il braccio violento della legge” e il John Frankenheimer di “Ronin” e tanti altri.
“I padroni della notte” risulta così un film vecchio stile, da America anni ’70 quando i polizieschi erano piovosi e nessun cellulare poteva chiedere aiuto nei momenti di bisogno. Non riuscito, ma forse non era neanche voluto, il tono dell’epica: oltre il racconto in sé, non emerge la grandezza della famiglia protagonista custode di valori come lealtà e coraggio. Rimane comunque un ottimo intrattenimento, ottimista, ma malinconico, interessante sotto parecchi punti di vista e impreziosito dalle buone performance di tutto il cast.

La frase:
- "Avremo una grande casa e tanti bambini"
- "Non è meglio grandi bambini e tante case?"

Andrea D’Addio

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