Come l'acqua per gli elefanti
Robert Pattinson si toglie per la seconda volta il pallido trucco da vampiro 2.0 (e cioè emo-androgino) e si sporca le mani in questa pellicola d'ambientazione circense. Letteralmente, visto che l'ingresso nella gerarchia del circo passa necessariamente per gli spalatori di letame. Il punto di partenza è l'omonimo romanzo a sfondo storico di Sara Jankowski. Ambientato negli anni della grande depressione, il libro segue le vicende di un gruppo di artisti che viaggiano di città in città, alla ricerca di fortuna e di consenso da parte del pubblico.

Senza troppi giri di parole, Come l'acqua per gli elefanti è cucito addosso a Robert Pattinson per essere il suo "Titanic". Gli ingredienti ci sono tutti. Un uomo anziano inizia a raccontare la propria storia di fronte a un evento che riporta in vita il passato (l'arrivo del circo). Veniamo a sapere fin dall'inizio che mentre lavorava con la compagnia dei fratelli Benzini è successo un incidente storico, che tutti ricordano. Poi c'è lui, avventuroso e animalista ante litteram, e una bella Reese Witherspoon nei panni di una magrissima cavallerizza. La scintilla è fatale quanto evidente fin dai primi fotogrammi. Naturalmente non può mancare il re del circo (un Cristoph Walz che si sta anchilosando nei panni del cattivo di turno), dotato ovviamente di smanie di controllo e di un pessimo carattere. A concludere un'elefantina che obbedisce a ordini impartiti in lingua polacca (sic!). Certo, in Titanic gli elefanti non c'erano, ma si può ben notare l'analogia tra i due film, almeno nell'impianto narrativo. Ovviamente, non c'è Cameron dietro alla macchina da presa.

L'atmosfera è colorata, sospesa in un senso di viaggio verso l'infinito e non mancano i pericoli, le pennellate storiche date dal senso di povertà e dall'atmosfera di proibizionismo. Reese Witherspoon è splendida, anche se relegata nella parte un po' da cliché della bella ragazza da salvare. Quello che proprio non funziona è il povero Pattinson, che non riesce a scrollarsi di dosso quello sguardo glaciale così funzionale al bel non-morto che lo ha lanciato. Anche e nonostante il rossore che gli domina sulle guance dall'inizio alla fine. Quello che rimane è un dramma a sfondo sentimentale abbastanza convenzionale nello svolgimento, senza difetti tremendi ma anche senza pregi tali da farlo emergere con prepotenza come film di genere. Solo per appassionati/e.

La frase: "Quando una donna è sincera, non fingere mai di non sapere di che parla".

Mauro Corso

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