Volevo solo dormirle addosso
- 25: questo è l'obbiettivo - anzi il target - conferito a Marco Pressi (Giorgio Pasotti) dalla propria azienda. Venticinque sono i colleghi che Marco, un giovane manager addetto alla selezione ed alla formazione del personale, dovrà "dimissionare" entro la fine dell'anno. Ha pochi mesi per farlo, se vi riuscirà avrà in cambio una carriera luminosa e munifici bonus.
"Volevo solo dormirle addosso", presentato nella Sezione "Mezzanotte" alla 61ª Mostra del Cinema di Venezia, diretto da Eugenio Cappuccio, è tratto da un romanzo di Massimo Lolli che ne ha curato anche la sceneggiatura. Le opere di Lolli hanno inaugurato - secondo i critici letterari - un nuovo filone definito erotico-aziendale (?). Su questa falsa riga mi sento di dire che il film ha la sua parte migliore quando affronta le tematiche dei difficili rapporti all'interno dell'azienda quando quest'ultima versa in uno stato di crisi. Le interrelazioni e le dinamiche che vengono rappresentate con uno stile asciutto e misurato da Cappuccio sono quelle giuste e rappresentano con un sufficiente stato di approssimazione la realtà. Apprezzabile anche la ricerca sul linguaggio adoperato in tali situazioni che ci propina perle espressive come "rimentalìzzami" o "disagio emotivo". Anche le turbate psicologie dei dipendenti sottoposti ai colloqui "informativi" sono ben descritte così come discretamente approfondito è il travaglio di Marco, il tagliatore di teste, costretto tra il compito impostogli e gli scrupoli morali causatigli dall'attività che deve portare a termine. Dicotomie interiori che lo conducono a stati di coscienza quasi alterati come testimonia la frase che è solito dire a chiunque gli faccia un favore: "Ti stimo molto". Espressione che alla fine del film diventa un vero e proprio tormentone.
L'opera di Cappuccio mostra il suo lato debole, invece, quando deve raccontarci della sfera sentimentale di Marco. Afflitto, probabilmente, da un Edipo irrisolto - il titolo si riferisce proprio alla sua mania di dormire abbracciato, come fossero orsacchiotti, con le proprie partner - Marco non è capace di condurre con serietà un rapporto sentimentale. Vagamente attratto dall'amore mercenario, lascia Laura (Cristiana Capotondi) per un'avventura con una bellissima donna africana (Faju). Di spunti la storia affettiva di Marco ne avrebbe offerti molti, peccato che la narrazione è spesso avvilita da deprecabili cadute di stile o dall'orrore di ascoltare espressioni, pronunciate con uno spaventevole accento milanese, del tipo "Mi asciughi" che immaginiamo si riferisca alla scarsa creatività e vitalità del protagonista. Un linguaggio da paninari che lascia sconcertati.
Insomma un film riuscito a metà che ha comunque il pregio di portare sugli schermi tematiche che soprattutto negli ultimi anni hanno avuto un forte impatto sociale e delle quali non si parla ancora abbastanza.

Daniele Sesti

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