Visions
Chi ha avuto modo di vedere il cortometraggio "Hollow", con protagonista Edoardo Costa nei panni di un criminologo che finisce per essere lo spettatore diretto dell’ultimo massacro attuato dal serial killer cui dava la caccia, sa benissimo che il regista Luigi Cecinelli non è nuovo alla materia di psicopatici e omicidi.
Ne è la riprova questo suo primo lungometraggio, ambientato nella clinica psichiatrica dove il giovane Matthew (Henry Garrett), risvegliatosi dopo una settimana di coma in stato di amnesia permanente, s’introduce insieme all’altro paziente Nick (Jacob Von Eichel) nell’archivio, imbattendosi nel vecchio materiale che il dottor Fredrick Leemen (Steven Matthews) aveva raccolto sul sadico assassino noto come Spider e finendo per vivere le torture del mostro attraverso raccapriccianti visioni.
Raccapriccianti visioni che, insieme alla sequenza di apertura, ambientata all’interno di una fabbrica abbandonata in cui Spider ha imprigionato le sue vittime, rappresentano però l’unico vero motivo d’interesse del film di Cecinelli, da lui definito "un thriller che gioca sui diversi livelli di percezione delle cose che ci vengono raccontate".
Infatti, mentre s’intuisce una vaga influenza (soprattutto visiva) da parte della saga "Saw" e viene coinvolta nella vicenda anche la giornalista Hope (Caroline Kessler), impegnata nelle indagini, emerge la poca attenzione prestata nei confronti dei molti accorgimenti di cui bisogna tenere conto nel passaggio dallo short al lungometraggio, a partire dalla gestione dei tempi di narrazione.
Perché, al di là dei soliti effetti digitali made in Italy meno speciali del solito, il lato tecnico appare tutt’altro che disprezzabile, ma, tra eccesso di verbosità e prevalenza di interni quali probabili stratagemmi volti a camuffare maldestramente la pochezza di budget, a risultare assenti sono proprio la tensione e la necessaria, avvolgente atmosfera.
Fino al non troppo sorprendente epilogo di un pessimo script che, infarcito perfino di dialoghi grotteschi, si presenta quale principale difetto dell’ennesima occasione mancata – anche se non tutta da buttare via – di ritorno al cinema di genere tricolore.

La frase: "Quelli non sono ostaggi, sono esche".

Francesco Lomuscio

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