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Vi presento Toni Erdmann

La recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com

di Rosanna Donato19 gennaio 2017Voto: 5.5
 

  • Foto dal film Vi presento Toni Erdmann
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Spesso tendiamo a prendere troppo sul serio la nostra vita, perdendo di vista il lato più bello dell’esistenza: il bisogno di emozioni, leggerezza, di prendersi del tempo per pensare a se stessi e reinventarsi per trovare quella sensazione di cui tutti sono in cerca, la felicità. Come ad esempio emerge dal complicato ma tenero rapporto di una giovane donna manager, dedita solo al successo e alla carriera, con l'eccentrico padre in “Vi presento Toni Erdmann” di Maren Ade. Quest’ultimo fa di tutto per farle tornare il senso dell'umorismo e la leggerezza della vita. Quando Winfried irrompe nella vita tranquilla e ordinata della figlia Ines domandandole semplicemente "Sei felice?", la sua incapacità di rispondere segna l'inizio di un profondo sconvolgimento. Il padre per aiutarla a ritrovare se stessa decide così di inventare il curioso personaggio di Toni Erdmann.

Doveva essere una pellicola drammatica quella diretta da Maren Ade, ma il risultato è stato per molti aspetti deludente. È evidente l’intento del regista di dare largo spazio anche alla commedia, ma non sempre tutto funziona come previsto.
Se da una parte troviamo qualche buona idea in termini di battute, dall’altra notiamo che per la maggior parte del tempo il compito di suscitare risate viene lasciato solo ai travestimenti di un uomo il cui passato e il presente sono piuttosto ambigui e di lui sappiamo ben poco, se non che ama scherzare su tutto. Questo è un elemento che a lungo andare però stanca e non aggiunge nulla al film.
Il personaggio principale, o almeno quello che dovrebbe esserlo, non è caratterizzato bene e infatti sin dal principio non si comprende il suo effettivo ruolo nella vicenda, almeno fino a quando essa non prende forma piena.

Un aspetto che lascia un po’ perplesso lo spettatore è proprio il fatto che risulta difficile capire chi sia il reale protagonista della storia.
Se dal titolo è facile dedurre che possa essere lo stesso Toni Erdmann, nel corso degli eventi vedremo che spesso il suo personaggio scompare per dare spazio a quello della donna in carriera, la figlia. Da questo si evince che Maren Ade abbia voluto concentrarsi sulla vita lavorativa di lei per evidenziare quanto la donna avesse bisogno di un cambiamento radicale nella propria vita e motivare così le assidue e assurde trasformazioni del padre. Da una parte vediamo un uomo che pare essere ‘affetto’ dalla sindrome di Peter Pan, dall’altra una giovane che non riesce a lasciarsi andare.
Una contrapposizione che alla fine aiuterà il pubblico a capire quanto possa essere forte l’amore di un padre per la propria figlia, che non solo è disposto a rendersi ridicolo agli occhi di tutti, ma riesce anche a farle comprendere l’unicità della vita e l’importanza di viverla appieno senza farsi mancare nulla. Altro tema fondamentale è la rilevanza che ha la possibilità di avere un lavoro fisso e cosa si è disposti a fare per mantenerlo. Il film mostra anche qualche scena di forte impatto emotivo (poche) sul finale.
Certamente non si può dire che il lungometraggio sia prevedibile, anche perché, appunto, è difficile comprendere del tutto dove voglia andare a parare inizialmente. Sull’interpretazione possiamo dire che Peter Simonischek e Sandra Hüller sono molto credibili e recitano con la giusta profondità i loro ruoli.


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