Vento di primavera
Parigi 16 luglio 1942. La Francia è in mano ai nazisti e il Maresciallo Vichy, per compiacere gli alleati tedeschi, ordina di rastrellare gli ebrei che hanno trovato rifugio in Francia e di condurli al Vélodrome D'Hiver. Circa 13.000 ebrei fra uomini, donne e bambini vengono così arrestati e rinchiusi come bestie, se non peggio, per essere poi trasferiti nei campi di concentramento francesi di Beaune-La-Rolande, in attesa di affrontare quello che inconsapevolmente sarà il loro ultimo viaggio: i campi di concentramento in Polonia da cui non faranno più ritorno. Delle 13.000 persone condotte ai campi polacchi e tedeschi sono tornati solo venticinque e nessuno dei circa 4000 bambini strappati ai loro genitori.
La regista di "Animal", Rose Bosch, racconta in "Vento di Primavera" un momento particolare della storia francese e dell’Europa intera, quella macchia terribile che non ha risparmiato nessuno né vecchi, né invalidi, né donne, nemmeno i bambini, vittime innocenti della follia umana. E’ l’Olocausto, il genocidio, lo sterminio razziale compiuto dai nazisti.
Il cinema ha spesso ricordato e raccontato questi tragici episodi bui perpetrati dall’uomo contro il suo simile, altre pellicole l’hanno rievocato, ma ogni volta l’orrore si ripresenta sempre nuovo sotto un altro punto di vista. Stavolta è quello dei bambini, costretti a indossare, impressa sugli abiti, la stella gialla e a sentirsi scherniti dagli adulti senza comprendere appieno cosa stia accadendo intorno a loro o forse, come i loro genitori, capendo senza però riuscire ad accettarlo, continuando a nutrire speranza e fiducia.
Tutto è visto attraverso gli occhi del piccolo Joseph Weismann (uno dei 25 superstiti alla strage del Velodromo d’Inverno ) di 11 anni e dei suoi amici, i fratelli Samuel e Nono Zygler (Olivier Cywie e Mathiau Di Concerto). Accanto a questi giovanissimi talenti ci sono grandi interpreti come Jean Reno, Mélanie Laurent, Gad El Maleh ed Emmanuelle Seignier.
"Vento di primavera", il cui titolo originale è "La Rafle" ossia "La retata", è un’opera fortemente incentrata sul punto di vista dei bambini che vivono con le loro famiglie nel quartiere di Montmartre, fino alla terribile notte tra il 15 e il 16 luglio quando vengono rastrellati dalla polizia francese e condotti a vivere senza acqua e con poco cibo, accalcati gli uni sugli altri, nel Velodromo.
"Liberté, Égalité, Fraternité" cantavano i francesi il 14 luglio festeggiando la nascita della Repubblica e il giorno dopo alcuni di loro tradivano quegli stessi principi condannando persone come tante altre, la cui unica colpa era quella di essere nati ebrei. Non è questo però ciò che preme veramente alla regista, quanto invece raccontare ciò che è realmente accaduto, come sottolineano i titoli di apertura. Con lucidità e meticolosa ricostruzione storica, condita da sentimento e commozione, si snoda la vita di vittime e carnefici, tutti realmente esistiti, attraverso una divisione narrativa, che alterna il lento e implacabile cammino costellato di tormenti e paure verso la morte degli ebrei, alla "rilassatezza" del quotidiano del Führer Adolf Hitler, interpretato dall'attore Udo Schenk. Con una struttura lineare e tripartita mostra l’angoscia e la disperazione di speranze deluse e spezzate. La vita serena stravolta in pochi minuti, i terribili giorni, ore e minuti di attesa all’interno del Velodromo con i morsi della fame e della sete, senza poter comunicare con qualcuno, senza sapere cosa accadrà. E’ l’incredibile storia della deportazione francese avvenuta in due momenti, prima nei 200 campi di concentramento sparsi sul territorio francese e dopo con la separazione dai figli e il viaggio sul treno verso le camere a gas o i forni crematori.

La frase: "Non è dei morti che devi avere paura, ma dei vivi".

Federica Di Bartolo

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