La fiera della vanità
Dopo aver vinto il Leone d'oro della 58° edizione della mostra con Monsoon wedding, l'indiana Mira Nair, ci riprova. Questa volta porta sulla scena una storia in costume, di quelle che hanno sempre qualche difficoltà a farsi apprezzare dal pubblico. Diciamo subito che in questo caso non è così. Le oltre due ore di pellicola scorrono piacevolmente fra situazioni divertenti, irriverenti, e a tratti anche drammatiche. La regina incontrastata della scena è l'ex avvocatessa in rosa Reese Witherspoon che regala al personaggio di Becky Sharp, un'attualità ed una freschezza che forse mai aveva avuto. Tratta dal romanzo "La fiera delle vanità" di William Makepeace Thackeray, la sceneggiatura è stata leggermente riadattata per renderla più snella, ma con questo non ha perso quella forza che da sempre ne ha segnato la fortuna. Figlia di una cantante d'opera francese, morta prematuramente, e di uno squattrinato pittore inglese Rebecca Sharp cerca fin da bambina il suo riscatto sociale. Dopo aver frequentato l'accademia di Miss Pinkerton e aver appreso le buone maniere, la sua ascesa nella buona società inglese del XIX secolo inizia con un lavoro come governante presso l'eccentrico sir Pitt. In breve Becky viene considerata indispensabile tanto da dover seguire la ricca zia Matilda a Londra. Qui la ragazza conosce Rawdon, secondogenito di sir Pitt e nipote preferito di Matilda, la quale, quando scopre che i due si sono segretamente sposati non esita a cacciarli di casa. Nel frattempo Napoleone invade l'Europa e Rawdon deve partire mentre Becky mette al mondo il loro bambino. Il periodo successivo alla guerra, è segnato da una grave indigenza e Becky, più che mai determinata nel perseguire il suo intento, scende a patti con il marchese di Steyne. Per un po' sembra che tutti i suoi sogni si possano avverare, ma quando arriva la resa dei conti, il costo da pagare si rivela essere troppo alto. Becky Sharp è un personaggio moderno, attuale. E' una donna che lotta con fermezza e risoluzione pur di raggiungere i propri obiettivi. E' cosciente della propria bellezza e della propria forza morale, per cui procede spavalda in un mondo che normalmente non lascia alle donne neppure l'opportunità di pensare con la propria testa. Attraversa il suo tempo riuscendo a restare integra, non scendendo mai a compromessi e non appartenendo mai a nessuno se non a sé stessa. Ama in maniera viscerale e incondizionata il suo uomo, ma non per questo rinuncia alla propria personalità. Ha il coraggio di fare delle scelte estreme, di esporsi alle critiche della gente, di rinunciare anche a suo figlio pur di ottenere ciò che più desidera. E questo non le toglie neppure un briciolo di femminilità e dolcezza. L'influsso delle origini della regista sono presenti e quasi palpabili, ma non disturbano assolutamente la trama del film, anzi contribuiscono a renderla più affascinante e ammaliante. L'attrattiva che l'India e la sua cultura riuscivano a suscitare nella società inglese del 1800 viene resa magnificamente attraverso le musiche, le danze ed i magnifici colori che quasi esplodono sullo schermo.

Teresa Lavanga

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